A Parigi la crociata delle librerie indipendenti contro lo strapotere di Amazon si combatte online. Ironia della sorte, 64 librerie della capitale si sono coalizzate in Rete, sul sito www.parislibrairies.fr, e per vendere cara la pelle imitano, in parte, il modello di Jeff Bezos.
Certo, il modello di business è molto diverso, gli utenti possono navigare online sul sito dei librai, per scegliere il titolo che vogliono su un catalogo di 1,5 milioni di volumi, ma la consegna non è a domicilio, come fa Amazon. L’acquirente deve per forza andare in negozio e ritirare di persona la mercanzia ordinata online.
Il concetto è facile: digiti online il titolo di un libro e il motore di ricerca ti dice dov’è disponibile. Basta individuare sulla cartina la libreria più comoda e ti vai a ritirare l’acquisto. Oppure ordini il volume direttamente via Internet. Fra le librerie che aderiscono all’iniziativa ci sono indirizzi storici, come Delamain di fronte alla Comédie Francaise, Eyrolles a Saint Germain o la Gallimard in boulevard Raspail.
Nemesi di Internet, quindi, per le librerie parigine ancora aperte, che sono 363, esclusi gli antiquari, i negozi dell’usato e i bookshop dei musei, 11 in meno rispetto al 2011, mentre nel 2012 ne hanno aperte 4 ma ne sono chiuse 12. Il saldo resta negativo. Ma la voglia di vendere cara la pelle è intatta. Amazon e ebook permettendo.
La Francia resta in ogni caso un paese “amico” dei librai, molto più dell’Italia, grazie alla legge Lang sul prezzo unico del libro che risale all’81 e al sostegno economico promesso dal ministro della Cultura Aurélie Filippetti, che ha pubblicamente accusato Amazon di dumping ed è schierata apertamente dalla parte della carta stampata anche nella diatriba fra l’Eliseo e Google sull’indicizzazione degli articoli giornalistici nel motore di ricerca made in Usa.
Amazon è indagata in Francia per evasione fiscale. Il fisco reclama 250 milioni di dollari (200 milioni di euro circa) per gli anni 2006-2010. Secondo Euromonitor, Amazon ha realizzato in Francia un fatturato reale di circa 1,63 miliardi di euro ma ne dichiara solo 110 milioni; nel 2011 il gruppo ha pagato solo 3,3 milioni d’imposte.