Giovedì quattro marzo i venti presidenti della Lega Serie A torneranno a riunirsi in videoconferenza. All’ordine del giorno ci sarà la questione dell’ingresso dei fondi di private equity nell’organizzazione, pronti a rilevare il 10% mettendo subito un’iniezione di liquidità nelle casse selle società, con la prospettiva di aprire nuove possibilità di business per il prodotto calcio, e la questione dell’assegnazione dei diritti televisivi per il triennio 2021-2024. Due le offerte sul tavolo: quella di Dazn, che conta su una partnership tecnologica e di distribuzione con Tim, che ammonta a 840 milioni di euro per l’esclusiva di 7 match di ogni turno e la condivisione degli altri 3 con Sky, e quella di Sky, che mette sul piatto 750 milioni per tutte le partite con esclusiva solo sul satellitare e la possibilità per la Lega di creare il proprio canale in streaming. “Comunque vada a finire – dice in un’intervista a CorCom Augusto Preta, Presidente del Chapter Italiano dell’International Institute of Communications oltre che founder e Ceo di ITMedia Consulting – siamo a un punto di svolta, in cui si afferma come non era mai successo finora la centralità dello streaming tra le modalità di fruizione dei contenuti. Era già successo per il cinema e le serie Tv, con la discesa in campo ad esempio di Netflix, Amazon Prime Video e la stessa TimVision, e ora sta accadendo anche per i contenuti sportivi in diretta”.
E’ un caso che al centro di questo nuovo scenario che si prospetta per l’Italia ci sia il calcio?
Direi proprio di no. Il calcio è tradizionalmente uno degli elementi fondamentali per l’affermazione di nuovi modelli di business nel campo dei media. Il calcio sta dimostrando ancora una volta di essere un acceleratore delle trasformazioni nei consumi: è successo per l’affermazione della Tv a pagamento, all’inizio con Tele+ e Stream e poi con Sky, è successo per il Digitale terrestre quando Mediaset ha concorso per l’acquisizione dei diritti televisivi lanciando l’offerta Premium e dando una svolta all’affermazione del digitale terrestre, e ora sta avvenendo con lo streaming, che rappresenterà una vera e propria trasformazione di sistema. La vera novità di questa tornata per l’assegnazione dei diritti televisivi è il fatto che la competizione si svolga prevalentemente sull’online, e che non ci sia più il satellite a farla da padrone. E’ ormai evidente, infatti, che siamo in un contesto di competizione su modelli di offerte convergenti a larga banda tra Sky e Tim, con Sky che entra nel territorio di Tim come fornitore di servizi di tlc, e Tim che rafforza la propria offerta di contenuti andando di fatto a insidiare il territorio di Sky.
Quanto ha contribuito l’emergenza Covid-19 per la definizione di questo nuovo scenario?
Si è trattato essenzialmente di un fattore di accelerazione del mercato, ma il passaggio dell’offerta televisiva e dei contenti nel mondo dello streaming era già iniziato. Non solo le tradizionali offerte di film e serie sono ormai quasi prevalentemente passate su internet, ma ora si prospetta un futuro in questo campo anche per l’offerta lineare e di contenuti dal vivo. Il rischio di fronte a questa gara è quello di tornare a dibattiti ormai superati da 20 anni, ma anche quello di trovarsi bloccati in una situazione complicata, con il bando che rischia di determinare questioni che, al di là dell’assegnazione, rimangono aperte.
Che ruolo ha avuto la decisione dell’Antitrust che impedisce a Sky di stipulare contratti di esclusiva online?
La decisione dell’Antitrust sembrava a suo tempo in netto anticipo rispetto alla situazione del mercato, precorreva scenari evolutivi che sembravano molto lontani. Invece tutto si è trasformato in tempi rapidissimi, anche a causa dell’accelerazione impressa dall’emergenza pandemia. L’obiettivo era quello di creare maggiore competizione nel mercato della Pay Tv aprendo un nuovo scenario nel settore broadband, ed è proprio quello che sta accadendo, con un impatto forte sia nella commercializzazione dei diritti sia nello sviluppo di nuove offerte alternative, e non complementari, come erano fino a poco tempo fa, rispetto a quelle di Sky.
Quali sono in questo momento le criticità che vede all’orizzonte?
Da una parte c’è il fatto che non conosciamo i termini dell’accordo di partnership tra Dazn e Tim, e dall’altro c’è il fatto che la stessa offerta di Sky potrebbe essere rimessa in discussione, soprattutto nel caso in cui il canale della Lega serie A, di cui tanto si è parlato, proprio nella parte broadband, non dovesse nascere.
A prescindere da chi ottenga i diritti, quindi, siamo di fronte a un cambio di paradigma?
Sì, la vera rivoluzione è il cambiamento dell’offerta televisiva e dei contenuti pregiati, e più in generale il fatto che questo trasferimento di gran parte del consumo sullo streaming non sia un fenomeno eccezionale causato dal Covid, ma un fenomeno irreversibile. Se anche vincesse Sky, siamo di fronte a un operatore che ha già fatto alcune scelte tecnologiche chiare, che ha deciso ormai da oltre un anno che il suo posizionamento è sull’offerta ultrabroadband, e che non guarda più al satellite come al centro della propria attività. Forse se vincesse Sky il cambiamento sarebbe un po’ più lento, ma avverrebbe comunque.
E se Sky non ottenesse i diritti per la Serie A?
Si ritroverebbe in una situazione veramente difficile, con concorrenti che hanno accesso all’offerta Champions, che non è più in esclusiva, mentre sulla serie A dipenderebbe quasi totalmente da altri operatori, rischiando la marginalizzazione. Per questo è in atto una vera e propria guerra. Perché la posta in gioco è molto alta, e potrebbe voler dire, in caso di sconfitta, un vero e proprio cambiamento del modello di business adottato finora.
Quanto pesa sull’attuale stallo l’eventualità che la gara finisca tra ricorsi e carte bollate?
Di sicuro ha influito pesantemente fino a oggi sulle preoccupazioni dei presidenti delle società di serie A: se non c’è ancora un vincitore dipende anche da questo. Ma i tempi sono sempre più stretti, e a questo punto o si rimette in discussione tutto, e si rifanno daccapo i pacchetti, oppure una decisione si dovrà pur prendere. Tra l’altro non vedo la possibilità della creazione di un canale della Lega come una prospettiva facilmente percorribile, proprio per una questione di tempi. Siamo in una sorta di cul de sac, in cui al momento l’unico fatto concreto è il passaggio sempre più forte e centrale verso modelli di streaming e video online, che questa vicenda mette in evidenza, come non era mai parso finora. Una sorta di rivoluzione culturale che soltanto fino a un paio di anni fa sarebbe sembrata impossibile.