COMUNICATORE ITALIANO

Editoria, web reputation leva anti-crisi

I dati Fieg tracciano un quadro fosco del settore, ma un’attenta gestione della reputazione online può dare nuova linfa. Serve una sola e grande Federazione della Comunicazioni che rappresenti media tradizionali e digitali

Pubblicato il 05 Giu 2013

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“Il 2012 è il quinto anno consecutivo che si chiude con dati negativi.I quotidiani hanno registrato una flessione delle copie vendute del 6,6%, i settimanali del 6,4% e i mensili dell’ 8,9%. Negli ultimi 5 anni i quotidiani hanno perso oltre il 22% delle copie,più di un milione di persone ha smesso di comprare ogni mattina il proprio giornale.”. Senza sconti così ha esordito il Presidente Giulio Anselmi nell’illustrare con i suoi V.Presidenti , sig.ra Azzurra Caltagirone e Stefano De Alessandri, la relazione Fieg 2013 elaborata dal direttore avv. Fabrizio Carotti. Presente il Governo con il competente sottosegretario Legnini impegnato a ridurre il ritardo nel settore rispetto alle normative di Francia e Germania, la frammentazione delle competenze tra le Autorità italiane, la trasparenza nel dialogo delle multinazionali dei motori di ricerca prossimi a scompaginare il settore televisivo con “.tv” , la sacca milionaria di elusione erariale non perseguita nel commercio elettronico.

Prosegue nell’editoria lo smottamento ininterrotto ma la parola d’ordine è stata “non bisogna rassegnarsi occorre anzi procedere verso un nuovo modello dove la differenza del mezzo è relativa. E’ la strada del’integrazione carta-web.”

Il Comunicatore Italiano invitato e presente per il terzo anno consecutivo si ritrova nella ” relazione Anselmi” soprattutto quando il richiamo va “a tenere i piedi saldamente piantati per terra” . La fonte di ricavo prevalente per gli Editori è ancora l’analogica e datata raccolta pubblicitaria, spazio/tempo, che ha significato nel 2012 per i quotidiani -17,6% , per i periodici -18,4% che nel primo trimestre 2013 diventa rispettivamente -26,1% e -22,3% . I ricavi da editoria online delle imprese editrici sono l’unico dato positivo del comparto e tanto da incidere sul fatturato complessivo oltre la soglia del 5,5%.

Un dato rilevante di web reputation è l’accorrere dei navigatori ai siti delle testate tradizionali percepiti come brand che validano e garantiscano la corretta informazione.

Il Comunicatore Italiano ha trasmesso , a tal proposito, ad Agcom, a sostegno dell’attuazione di corrette ed efficaci politiche di web reputation nelle aziende ed in particolare nelle aziende media, il primo documento esito di 2 anni di analisi e ricerca in campo sulla metodica di estrazione del dato dalle fonti web perché sia attendibile e credibile per realizzare efficaci investimenti di web reputation e sgomberi dalle troppe proposte che arrivano sui tavoli e che nascondono o privano l’azienda dei dati essenziali sul profilo delle fonti web monitorate, sull’integrazione del dato tra le diverse tipologie di fonti, sulla periodicità dell’interrogazione delle fonti web, sulla multimedialità monitorata dalle fonti web, la geolocalizzazione sociale e politica.Questi sono solo alcuni degli indici professionalmente da considerare per poter decidere un’azione di web reputation, ad esempio in un giornale, per creare valore al media sia attraverso la credibilità e la diffusione del brand , la sua internazionalizzazione, la generazione di servizi interattivi per i Clienti, la produzione di servizi a valore con i propri contenuti come creazione di flussi multimediali distribuibili su canali tematici, la certificazione della partecipazione alle informazioni da parte dei lettori sino alla organizzazione e gestione dello scudo reputazionale.

Certo cambia nell’editoria il sistema di misurazione che vedrà il rapido abbandono degli indici quantitativi e passivi per il passaggio a sistemi più fedeli di misurazione definiti ” indici di attenzione media” che avranno la caratteristica di oggettivare il valore del brand, la reazione nel pubblico, la produzione di consenso e credibilità .

La “Relazione Anselmi 2013” ha il merito di ridisegna e assicurare agli editori un ruolo da protagonista nell’Economia Digitale come ribadito anche nelle 7 proposte di intervento trasmesse al Governo Letta dove l’evoluzione dichiarata e sfidante verso le Istituzioni è precisata con l’indicazione “un’attenzione nuova spostando risorse dai soggetti ai progetti, dai contributi agli incentivi, con una gamma di interventi maggiormente coerenti con la situazione del mercato editoriale in evoluzione.” La Fieg si candida nell’economia digitale quale soggetto produttivo protagonista con un ambizioso progetto culturale, sociale e le idee chiare di come essere percepiti dal Pubblico e dalle Istituzioni escludendo a priori ogni forma di assistenzialismo .

Una domanda sorge spontanea nel sistema della Comunicazione d’Italia: non è forse giunta l’ora di una sola grande Federazione della Comunicazione che sappia rappresentare i comuni interessi dei “tradizionali” editori della stampa, della radio, della televisione che pur proprietari di contenuti , così divisi, sono deboli nella competizione, ad esempio, con gli investimenti di Google.tv, Facebook.tv, Amazon.tv, Twitter.tv? Nessuno di questi,peraltro, investitore in infrastrutture di rete in Italia.

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