Dalle elezioni europee si possono trarre ammaestramenti circa il peso del web nella politica e l’attendibilità dei sondaggi. Le intenzioni di voto erano tutt’altre rispetto a quelle uscite dalle urne, salvo per il “non voto” rimasto pressocché immutato a urne aperte e superiore al 45%.
Nessuno, fra quanti bazzicano il web, è stato risparmiato dalla propaganda di questo o quell’altro partito, specialmente su Facebook. La falange internettiana più aggressiva è stata certo dei grillini. Col passare dei giorni e delle ore i messaggi trascoloravano dalla richiesta di voto alla più urlata e categorica fiducia nella vittoria finale.
Due giorni prima del voto, persone degne di fede, assicuravano che i sondaggi commissionati in segreto accreditavano l’hashtag trionfalistico “vinciamonoi” di M5S, con cifre superiori al 35%. Aperte le urne, “vinciamonoi” mutava la n in p e si constatava che tanto inattendibili erano state le previsioni quanto esatti i sondaggi all’uscita dei seggi.
La conclusione è che il modello sondato prima del voto era inattendibile, disegnato male. Ciascuno è libero di pensare che ciò sia avvenuto per dabbenaggine o disegnato proposito. Ma è gioco forza concludere che il web non sposta le masse. È curioso constatare che mentre taluni si illudevano di conquistare le piazze con un post, la realtà mostrava le piazze davvero conquistate e perdute con la proposta politica e con la violenza, a Kiev come a Damasco. Insomma, una larga fetta di elettori italiani ha frequentato il web politico tuttavia destreggiandosi fra politica reale e politica virtuale. Un buon viatico per un futuro tuttavia insidioso.