Facebook sotto schiaffo in Europa. L’antitrust tedesco è pronto a accusare la società di abuso di posizione dominante connesso alla modalità di raccolta dati sulla navigazione degli utenti: non solo su Facebook, ma anche su altri siti. E sempre sui dati è nel mirino dell’autorità Protezione dei dati, Cnil, che ha dato un mese di tempo a WhatsApp – società di proprietà del gruppo fondato da Mark Zuckerberg – per rispettare le norme sull’ottenimento del consenso degli utenti.
In Germania. Il Bundeskartellamt contesta a Facebook di utilizzare l’accesso ai dati di terze parti all’apertura di un account, attraverso le controllate WhatsApp e Instagram, e di conseguenza il fatto che tiene traccia dei siti ai quali gli utenti accedono.
Sono i risultati di un’indagine che l’autorità tedesca sta effettuando da 20 mesi. Secondo il Federal Cartel Office gli utenti non vengono abbastanza informati sui metodi di raccolta dati che riguardano non tanto la navigazione su Facebook, ma anche su altri siti. Il social network dunque offre termini di servizio “inappropriati”, a disposizione degli utenti solo un “prendere o lasciare”.
In base ai risultati dell’indagine l’authority chiederà alla società di modificare la propria condotta o di “offrire possibili soluzioni” per scongiurare i timori che la raccolta e l’utilizzo dei dati possano costituire un abuso del suo potere di mercato.
Una decisione definitiva non verrà presa prima della metà del 2018 e potrebbe vedere l’FCO chiudere il caso accettando per buoni gli impegni da Facebook o ordinare a Facebook di cessare determinati comportamenti.
“Siamo principalmente preoccupati per la raccolta di dati al di fuori del social network di Facebook e per la fusione di questi dati nell’account Facebook degli utenti”, ha dichiarato il presidente della FCO Andreas Mundt. “Non siamo convinti che gli utenti abbiano dato il loro effettivo consenso a tutto questo”.
Immediata la replica di Facebook secondo cui “nonostante siamo popolari anche in Germania, non siamo dominanti. Una società dominante opera in un ambiente in cui i clienti non hanno alternative” mentre Facebook è solo uno dei tanti siti utilizzati dalle persone.
In Francia. La modalità di trasferimento dati degli utenti da Whatsapp a Facebook viola in Francia la legge nazionale sulla privacy in quanto non specifica i fini per i quali i dati vengono raccolti e non chiede il consenso degli interessati. Lo ha rilevato l’autorità francese per la protezione dei dati personali, il Cnil, che ha emesso un ordine formale alla piattaforma di messaggistica chiedendo di porre fine a questa pratica.
Al momento dell’acquisizione da parte di Facebook, nel 2014, Whatsapp ha comunicato che avrebbe trasferito i dati dei suoi utenti alla casamadre in tre casi: per le pubblicità mirate (targeted advertising), per la sicurezza della app e per il miglioramento del servizio (business intelligence). Il WP29, l’organismo che unisce i Garanti privacy europei, ha chiesto a Whatsapp di non trasferire i dati nel caso dell’advertising mirato.
Il Cnil ha riferito di aver indagato per capire se Whatsapp si era adeguata alla richiesta e la società ha assicurato al Garante francese di non aver trasferito i dati dei suoi utenti francesi a Facebook per la pubblicità mirata, tuttavia il Cnil ha rilevato una violazione della legge sulla privacy per quel che riguarda la condivisione dei dati per il miglioramento dei servizi tramite la business intelligence. La piattaforma di messaggistica, afferma il Cnil, ha condiviso informazioni sui suoi utenti come numero di telefono e abitudini di utilizzo della app. Il Garante francese ritiene che, se da una parte è legittimo trasferire i dati alla capogruppo per migliorare in via generale l’efficienza e il funzionamento di Whatsapp, non è lecito farlo per i fini di business intelligence perché questa mira al miglioramento delle performance dell’applicazione e a ottimizzarne l’utilizzo attraverso l’analisi del comportamento dell’utente e quindi violando la riservatezza dei dati personali. “Né il consenso dell’utente né il legittimo interesse di Whatsapp possono essere invocati in questo caso”, afferma il Cnil.