È stato pubblicato ieri sul sito del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri il rapporto della task force istituita dal governo il 4 aprile per monitorare e contrastare la diffusione di fake news in relazione al Covid-19 sul web e sui social network. Un documento di 12 pagine che enfatizza il ruolo della conoscenza come principale arma di difesa contro il dilagare della disinformazione sui sociale. “L’obiettivo? Offrire alcuni strumenti per imparare a riconoscere le notizie delle fonti ufficiali, come l’Oms o l’Istituto superiore di sanità, dalle notizie di dubbia autenticità”, dichiara Ruben Razzante, membro del tavolo di lavoro formato da 11 esperti. Razzante è docente di diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e fondatore del portale www.dirittodellinformazione.it, e come gli altri professionisti aderenti al progetto ha offerto gratuitamente la propria consulenza per 12 mesi.
Sono tre gli ambiti di intervento suggeriti dalla task force: il primo individua una serie di azioni volte a favorire l’accesso alla comunicazione istituzionale e ai contenuti ritenuti via via scientificamente più attendibili, tenendo conto della continua evoluzione delle conoscenze in questo campo. Si propone, fra l’altro, la creazione di un sito di riferimento comune dedicato in particolare alle fake news, la realizzazione di iniziative di tipo innovativo e la ricognizione delle buone pratiche adottate in altri Paesi. Il secondo ambito di intervento è dedicato alla sensibilizzazione dei cittadini, al fine di aumentarne la consapevolezza sui meccanismi cognitivi che sono alla base della fruizione dell’informazione e sui rischi della disinformazione. Infine, il terzo ambito di intervento è dedicato all’analisi quantitativa del fenomeno della disinformazione e allo sviluppo di strategie di comunicazione data-driven, proponendo a tal fine azioni per orientare i contenuti delle Faq sulla base delle ricerche effettuate online dagli utenti, per quantificare l’incidenza delle fake news nel dibattito pubblico sulle maggiori piattaforme social e per valutare l’impatto della comunicazione istituzionale, al fine di orientare la progettazione delle nuove campagne di comunicazione.
Le linee d’azione suggerite dal rapporto
“Consigliamo innanzitutto di armonizzare le informazioni istituzionali. Il governo dovrebbe creare un hub di riferimento facilmente consultabile, con tutte le informazioni scientificamente attendibili, includendo una banca dati con le domande e risposte più frequenti”, aggiunge Razzante. “Chiediamo poi di realizzare campagne di 30 secondi contro i rischi della disinformazione, con immagini efficaci, non solo in tv ma anche con video sui social network, per spiegare perché è bene diffidare delle fake news. Infine, suggeriamo corsi di formazione a distanza per i comunicatori pubblici, per aiutarli a riconoscere per primi le fake news e a lanciare messaggi istituzionali credibili”.
Sulla base delle informazioni così raccolte – si legge nel documento – si potrebbe creare un profilo Whatsapp/Messenger/Telegram che, tramite un bot, risponda a domande standard con risposte prestabilite. Su alcune di queste domande più frequenti si potrebbero realizzare brevi video con le risposte da caricare sul profilo YouTube del Ministero. Ciò permetterebbe di raggiungere anche i target (soprattutto giovani, ma non solo) che guardano sempre meno la televisione e che più difficilmente andrebbero a leggere sul sito del Ministero, facilitando inoltre la condivisione dei contenuti su altre piattaforme social. Il tavolo di lavoro, inoltre, suggerisce una ricognizione delle modalità di comunicazione scelte da altri Paesi per identificare eventualmente altre strategie e invita il Ministero a continuare l’opera di traduzione e adattamento dei materiali prodotti da istituzioni come Oms ed Ecdc. Si parla, a titolo di esempio, di raccomandazioni pratiche che spieghino i meccanismi che sono alla base della fruizione delle informazioni e su cui su cui fanno leva le fake news attraverso campagne televisive mirate, di attività ludiche in chiave di gamification che aiutino il cittadino ad orientarsi sulla tematica Covid-19 e di strumenti di segnalazione e illustrazione di risorse utili per la verifica delle notizie.
Cardani: “Sì a una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle Fake news”
Nel frattempo Cardani plaude all‘istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla disinformazione online. Il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Angelo Marcello Cardani si è espresso di fronte alle Commissioni riunite Cultura e Trasporti. Una commissione di questo tipo, osserva “può solo aiutare in un momento come questo”. Ascoltato nell’ambito dell’esame delle proposte di legge recanti l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sulla diffusione delle cosiddette fake news, Cardani ha parlato in generale del fenomeno spiegando che si tratta “di una materia destinata a richiedere interventi legislativi organici per un corretto bilanciamento tra diritti e valori in gioco. Alla luce di innovazioni tecnologiche e di mercato che presentano problemi nuovi e richiedono, pertanto, soluzioni originali e ad hoc” ha aggiunto che ci sono alcuni “nodi critici che dovranno essere sciolti dal legislatore nazionale alla luce delle specificità dell’ordinamento italiano” quanto alla “responsabilità delle piattaforme online per i contenuti informativi veicolati. Per fare solo un esempio”, ha detto Cardani, “la disinformazione che in queste ore accompagna l’emergenza epidemiologica Covid-19 mostra in tutta la sua evidenza la necessità di individuare misure concrete di prevenzione e contrasto del fenomeno. Da un lato, il confronto con le piattaforme online e la loro partecipazione attiva sono elementi imprescindibili, anche in vista dell’applicazione di strumenti di individuazione e rimozione di contenuti, account falsi o di incitamento all’odio. Dall’altro, il ricorso a tali strumenti, soprattutto nei confronti di testate giornalistiche o soggetti politici, solleva rilevanti questioni giuridiche ed etiche. Tra queste si può citare il dibattito sulla natura giuridica delle ‘content policies’ delle piattaforme e la conseguente legittimità e opportunità che le medesime possano autonomamente rimuovere contenuti informativi, pagine o profili. Si tratta, evidentemente”, ha chiosato Cardani facendo riferimento all’Ordine esecutivo adottato il 28 maggio dal Presidente Trump dopo che Twitter aveva rimosso dalla piattaforma due tweet del presidente ritenendoli ‘potenzialmente ingannevoli’, “di una materia destinata a richiedere interventi legislativi organici per un corretto bilanciamento tra diritti e valori in gioco, e nel pieno rispetto della libertà di informazione, del pluralismo e dei principi di due process of law”.
La strategia Ue
“Il coronavirus ha avuto un enorme impatto sulle persone in tutto il mondo. La pandemia è stata accompagnata da una grave infodemia, siamo stati testimoni di un’ondata di informazioni false, teorie cospiratorie e operazioni di influenza mirate a opera di attori esterni. Alcune di queste hanno avuto come obiettivo quello di danneggiare l’Ue e i suoi Stati membri”. E’ l’allarme lanciato dall’Alto rappresentante della Ue, Josep Borrell, che oggi ha presentato una Comunicazione Ue contro la disinformazione insieme a Vera Jourova, vicepresidente della commissione Europea con delega alle Politiche sui valori e sulla trasparenza.
“Ci sono state ondate di disinformazione dall’inizio della pandemia di coronavirus. Provengono sia dal territorio dell’Ue che dall’esterno”, ha specificato la vicepresidente Jourova, citando in particolare Russia e Cina, indicate come le principali fonti di disinformazione. “Abbiamo sufficienti prove per dirlo”, ha spiegato, aggiungendo poi che l’Italia “è tra i Paesi che sono stati più colpiti dall’infodemia”. La disinformazione si alimenta di paure e ansie e si concentra sui Paesi più colpiti dal Coronavirus e quindi sulle “società più vulnerabili”, ha rimarcato.
“Dobbiamo migliorare la nostra strategia di comunicazione per raccontare la nostra storia sull’Europa e sul sostegno dell’Ue nella lotta al virus”, ha detto ancora. Per combattere la disinformazione, diventa quindi importante “mobilitare tutti gli attori pertinenti, dalle piattaforme online alle autorità pubbliche, e sostenere il fact checking”. “Le piattaforme online, ha spiegato ancora Jourova, hanno compiuto passi positivi durante la pandemia ma devono intensificare i loro sforzi”. “Dobbiamo garantire che siano trasparenti, perché i cittadini devono sapere da dove e come arrivano loro le informazioni”, e che siano evitati “incentivi finanziari per diffondere la disinformazione”, ha spiegato ancora Jourova, indicando il social cinese Tik Tok come prossimo all’adesione al codice, mentre sono in corso negoziati anche con WhatsApp.
“Per l’Europa i media indipendenti e la stampa svolgono un ruolo centrale in questa battaglia”, ha aggiunto ancora, chiedendo agli Stati membri “di garantire che i giornalisti possano lavorare nelle giuste condizioni e di sfruttare al massimo il nostro pacchetto per il rilancio per sostenere i media”.
“Abbiamo il dovere di proteggere i nostri cittadini sensibilizzandoli sull’esistenza di informazioni false e di puntare il dito contro gli attori responsabili di tali pratiche”, ha ripreso Borrell. “L’Unione europea aumenterà le sue attività e le sue capacità nel tentativo di combattere queste pratiche”. “Abbiamo lavorato con il Servizio Europeo di Azione Esterna e la Commissione su questa comunicazione in cui identifichiamo gli step da fare immediatamente per aumentare la nostra capacità di far fronte alla disinformazione”, ha spiegato Borrell. “Abbiamo ampliato gli sforzi per rispondere alle operazioni di influenza straniera”; “vogliamo rafforzare il nostro intervento, aumentando la cooperazione sulla comunicazione strategica e la diplomazia pubblica e a questo proposito, aumenteremo gli scambi informazioni con i nostri partner principali. Rafforzeremo anche il nostro lavoro per monitorare la violazione della libertà di stampa e supportare la difesa di un ambiente dei media sicuro”, ha spiegato poi.
“La democrazia è un sistema alimentato dall’informazione. Se le persone non hanno le informazioni giuste è difficile per loro fare una scelta corretta e una scelta corretta è basata su informazioni di qualità, basate su fatti e dati”.