Si chiude sempre più, anche in Italia, il cerchio delle frequenze
televisive a favore della banda larga mobile. Mentre le emittenti
locali annunciano battaglia contro il nuovo Piano frequenze perché
“riduce le risorse radioelettriche a disposizione”, al
ministero dello Sviluppo economico si cominciano a fare i conti,
dati alla mano, delle fette di spettro che le tv vogliono tenere,
ma che non utilizzano.
Il panorama che emerge è sorprendente: pur essendo pressoché
totalmente occupato dalle emittenti, lo spettro italiano viene
“sprecato” ben oltre un terzo. Stando all’indagine, che
analizza le grandi città delle aree all digital (Roma, Torino,
Trento, Bolzano, Cagliari: esclusa Napoli) i programmi diffusi
sull’intero territorio utilizzano poco più del 71% delle risorse
assegnate. Inoltre, pur replicando integralmente i programmi su un
secondo multiplex (il canale viene ritrasmesso con lo stesso nome
su un numero diverso del telecomando), e pur non avendo utilizzato
integralmente le capacità trasmissiva delle risorse già a
disposizione, gli operatori chiedono tuttavia un mux
aggiuntivo.
Più grave la situazione per le tv locali, le quali “riempiono”
a poco più di metà le frequenze a disposizione. Se infatti viene
indicato come 6 il numero “ideale” di programmi trasmessi su un
mux affinché il suo uso possa definirsi “efficiente”, la media
dei programmi trasmessi dalle locali risulta di appena 3,3 (pari al
54,18% delle risorse). In più, oltre a replicare i programmi su
altri mux e a chiedere risorse aggiuntive, le emittenti locali
ripetono la stessa programmazione, chiamandola però con nomi
diversi (TeleX-1, TeleX-2… ).
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