L'INTERVISTA

Gambino: “Copyright, con regolamento Agcom fa giurisprudenza”

L’esperto spiega gli effetti delle nuove norme: “Con interventi tempestivi e in contraddittorio, l’Autorità potrà fare cultura giuridica”. E plaude all’enforcement “mite”

Pubblicato il 02 Ago 2013

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“Ad una prima lettura, la bozza di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica appena varato dall’Agcom appare più equilibrato rispetto a versioni precedenti”. Alberto Gambino, ordinario di diritto privato, direttore della rivista Diritto Mercato e Tecnologia (www.dimt.it) e già presidente del Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore, spiega al Corriere delle Comunicazioni cosa “funziona” nelle nuove regole.

Professor Gambino, il suo è un giudizio sostanzialmente positivo. Su cosa si basa?

Vanno valutati positivamente i richiami all’educazione alla legalità e alla promozione dell’offerta legale, strumenti essenziali al fine di favorire la creazione di un mercato dei contenuti digitali e anche di una cultura della legalità nella fruizione dei contenuti in Rete. Si tratta di aspetti che nelle precedenti bozze non erano stati previsti in maniera così efficace. Tanto che il dibattito si era polarizzato, da una parte, sulla volontà di reprimere la divulgazione di contenuti tutelati da privative autoriali e, dall’altra, su quella di evidenziare che la protezione del diritto d’autore su Internet è diversa da quanto previsto alla legge italiana del 1941, pensata per supporti materiali. Questa dicotomia è stata superata grazie alla scelta di attivare quello che ho definito un “enforcement mite”.

Ovvero?

Lo strumento di un enforcement mite consiste in un ordine ai prestatori di servizio di rimozione dei contenuti illegali, che in prima battuta prevede un contraddittorio, può fermarsi nel caso ci si rivolga ad un giudice e che, in caso di inottemperanza, viene sanzionato amministrativamente. Soluzione certamente più garantista di una disconnessione automatica o dell’oscuramento del sito. In particolare il fatto che Agcom ha il potere di aprire istruttorie solo su istanza della parte che si sente lesa per eventuali violazioni al copyright ha due evidenti vantaggi: uno a garanzia delle parti che intanto sono individuate, e nel caso non vedessero garantiti i loro diritti, anche di difesa, possono ricorrere alla magistratura ordinaria, che per legge ha giurisdizione nella materia del diritto d’autore, bloccandosi il procedimento davanti all’Autorità. Il secondo vantaggio è che l’Agcom con interventi tempestivi e in contraddittorio può formare precedenti “giurisprudenziali”, fare “cultura giuridica”.

In che senso?

I risultati dei singoli contenziosi porteranno ad elaborare orientamenti su cosa è illegale e cosa non lo è, dando così una prima ed importante percezione di quali principi autoriali applicare in Rete. E’ esattamente quello che da più di vent’anni, ad esempio, fa l’Antitrust in materia di pubblicità ingannevole. Il tutto in modo più veloce di quanto possa fare la magistratura ordinaria – dove, aspettando la Cassazione, ci potrebbero volere anche dieci anni. Un tempo eccessivamente lungo per un tema, come è il copyright digitale, che viaggia veloce al passo delle evoluzioni tecnologiche.

Lo schema di regolamento non è visto di buon occhio dai provider che “accusano” l’Autorità di costringerli a monitorare il traffico di rete h24 per evadere le eventuali richieste di rimozione selettiva dei contenuti. Lei che idea si è fatto?

Ricordo che la richiesta di rimozione è il risultato di un’istanza di parte e non di una procedura d’ufficio da parte di Agcom. Si tratta dunque di interessi e casi circostanziati, resi tali anche da una modulistica stringente che deve essere compilata dal soggetto leso e che dà all’operatore tutte le indicazioni necessarie ad effettuare il controllo. Stando così le cose non si richiede un monitoraggio continuo del flusso e comunque la bozza di Regolamento lo esclude categoricamente; così come esclude l’oscuramento dell’intero sito. Al di là delle legittime perplessità di chi conosce a fondo la tecnologia della rete, qui vale il richiamo di un grande giurista del ‘900 che affermava che le “parole sono pietre” (Francesco Carnelutti) e quanto scritto nel Regolamento su questo punto è chiaro.

Qualche giurista parla di un eccesso di potere di Agcom. L’Autorità non avrebbe la potestà di regolamentare il diritto d’autore online, potestà che invece sarebbe del Parlamento. Lei che ne pensa?

I riferimenti sono la direttiva e la legge sul commercio elettronico che riconoscono ad un’autorità di vigilanza il potere di esigere che il prestatore di servizi ponga fine alle violazioni online. Ora, è vero che non si parla espressamente di Agcom; Agcom, però, questo potere già lo ha in merito ai media dell’audiovisivo e proprio con riferimento alle violazioni del copyright e la legge sul diritto d’autore l’ha posta accanto alla Siae in compiti ispettivi e di vigilanza. Mi sentirei di dire che seguendo il c.d. principio di “vicinanza della prova” tutto depone che l’identikit di questa Autorità corrisponda proprio con l’Agcom.

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