Giro di vite per Internet. E’ scontro sul decreto Romani

Guerra aperta dell’opposizione sul decreto legislativo impostato dal viceministro alle Comunicazioni sulle nuove regole per il Web e il cinema. “Eccesso di delega” la critica di Pd, Idv, Udc e Gruppo Misto. Per i video sulla Rete vengono previste le stesse norme che reggono le le emittenti tv

Pubblicato il 15 Gen 2010

Un “colpo mortale alla produzione di cinema e fiction
italiano”, un “evidente regalo a Mediaset” e “un giro di
vite allarmante per la trasmissione di servizi audiovisivi su
Internet”. L'opposizione attacca contro lo schema di
decreto legislativo
del governo che recepisce la nuova
direttiva Ue in materia di audiovisivo, parla di “clamoroso
eccesso di delega” e, con una lettera del capogruppo del Pd Dario
Franceschini, si appella al presidente della Camera, Gianfranco
Fini, per chiedere tempi più ampi per le commissioni parlamentari
per esprimere il relativo parere.
“A fronte di una legge delega di 11 righe – accusa Paolo
Gentiloni, responsabile comunicazioni del Pd – il provvedimento
contiene, in una ventina di articoli e 40 pagine, una riforma
radicale delle norme italiane su tv e Internet”.
“Nessun eccesso di delega” replica il viceministro alle
Comunicazioni Paolo Romani, sottolineando che la legge comunitaria
impone all'Italia di “recepire l'intera direttiva Ue
intervenendo, in maniera inequivocabile, attraverso le necessarie
modifiche al Testo Unico della radiotelevisione”. Romani precisa
che “la tesi dell'opposizione secondo cui la direttiva e la
legge delega avrebbero come oggetto il solo 'product
placement', appare fantasiosa, totalmente infondata oltre che
pericolosa in quanto esporrebbe l'Italia a una certa procedura
di infrazione per non aver recepito l'intera direttiva”.
In particolare, per quanto la Rete, le trasmissioni che vanno su
Internet vengono assimilate alla tv: ovvero, “i siti dei grandi
quotidiani o le web tv – spiega Gentiloni – devono chiedere
l'autorizzazione al ministero e rispondere agli obblighi di
rettifica e alle norme sul diritto d'autore”. Posizione
condivisa anche da Roberto Rao (Udc), Antonio Borghesi (Idv) e
Giuseppe Giulietti (Gruppo Misto). Tutti chiedono che il decreto
venga “profondamente corretto o ritirato”.
E proprio dalla Rete arrivano le proteste. “Crittograferemo i
pacchetti. Non serve imbrigliare la condivisione e la democrazia
della Rete, aggireremo la norma con soluzioni tecniche” dicono
dal “partito pirata”.
Nel mirino dell'opposizione, in particolare, la produzione di
cinema e fiction indipendente: vengono abolite le quote di
trasmissione per le tv e quelle di investimento sono basate non
più sul fatturato, ma sugli investimenti per la programmazione.
Inoltre cade il regolamento dell'Agcom che riconosceva ai
produttori i diritti residuali.
Le trasmissioni che vanno su Internet vengono assimilate alla tv:
ovvero, “i siti dei grandi quotidiani o le web tv – spiega
Gentiloni – devono chiedere l'autorizzazione al ministero e
rispondere agli obblighi di rettifica e alle norme sul diritto
d'autore”. Posizione condivisa anche da Roberto Rao (Udc),
Antonio Borghesi (Idv) e Giuseppe Giulietti (Gruppo Misto). Tutti
chiedono che il decreto venga “profondamente corretto o
ritirato”.
Segnali di apertura arrivano dal Pdl: “I presidenti delle
commissioni Cultura e Trasporti, Aprea e Valducci – annuncia
Gentiloni – si sono detti disponibili a disporre un calendario di
audizioni. Inoltre il vicepresidente della Trasporti, Luca
Barbareschi, condivide le nostre critiche”.
David Sassoli (Pd) annuncia un'interrogazione alla Commissione
Ue sulla vicenda e Gentiloni guarda ai soggetti che possono
dichiarare l'eccesso di delega, “in primis il Consiglio di
Stato, entro 40 giorni dall'emanazione del provvedimento”, e
“il Comitato per la legislazione della Camera”.

Ma la legge delega è anche “un colpo durissimo per
l'audiovisivo”, commenta Gentiloni. In campo produttori e
attori che chiedono il ripristino dei diritti residuali e il
reintegro delle quote di programmazione e investimento e annunciano
per martedì 19 gennaio uno sciopero del settore e presidi di
protesta davanti alle sedi di Mediaset, Rai e Sky.
Ma proprio sul tema dei diritti residuali per Romani è
“opportuno un ripensamento, magari da concordare con le parti
interessate”. Su tutti questi aspetti, comunque, “sono
ipotizzabili, qualora richiesti, interventi oltremodo migliorativi
– assicura il viceministro – per le imprese di produzione
cinematografica e televisiva”.

Quanto agli affollamenti pubblicitari, vengono limitati quelli per
il satellite e ampliati quelli per Mediaset, con interruzioni
consentite non più ogni 45 minuti ma ogni 30 e con le
telepromozioni inserite nel monte orario della pubblicità. Terza
questione: si entra a piedi uniti – dice ancora Gentiloni – su
un'indagine dell'Agcom sul possibile sforamento da parte di
Mediaset del tetto del 20% dei programmi: il decreto stabilisce
infatti che i programmi a pagamento e quelli ripetuti, ovvero i
canali +1 o +24, non costituiscono palinsesti e quindi non vanno
conteggiati entro il limite.

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