ANTITRUST

Google, editori europei contro Almunia

Dura critica al commissario Ue alla Concorrenza che aveva definito “significative” le nuove proposte di BigG sugli impegni antitrust. “La compagnia non ha cambiato politica. Siamo all’abuso del monopolio digitale”

Pubblicato il 14 Nov 2013

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Gli editori europei bocciano senza appello le ultime proposte con le quali Google cerca di bloccare la procedura antitrust europea e mettono nel mirino la stessa Commissione Ue, in particolare il commissario per la Concorrenza Joaquin Almunia, che temono possa cedere al gigante americano della ricerca online.

Una trentina di associazioni di editori europei, in particolare tedeschi, spagnoli, olandesi, austriaci e scandinavi, in una nota congiunta, si dicono “estremamente preoccupati” delle valutazioni positive dei nuovi impegni proposti da Google che la Commissione ha fatto filtrare. Queste proposte “mettono a rischio il futuro della economia digitale europea” e se fossero accettati dalla Commissione “creerebbero un grande ostacolo al raggiungimento della Agenda digitale Europea”.

Nel documento che accompagna il comunicato stampa chiarisce che nel mirino c’è proprio il vicepresidente Almunia, che aveva parlato di “miglioramenti significativi” nelle proposte di Google rispetto a quelle presentate e bocciate in estate. Secondo questo documento, invece, nelle nuove proposte ci sono nuovi particolari che “ridurrebbero ulteriormente la concorrenza” invece di migliorarla. A nome di “centinaia di editori” giornalistici europei le associazioni fanno pertanto “appello alla Commissione perché riconosca il fatto che Google non è disponibile a offrire impegni efficaci” e perché “rapidamente riprenda la strada tradizionale “che porta a una formale contestazione e a provvedimenti obbligatori da parte dell’autorità antitrust europea.

“Se la Commissione europea approvasse le proposte di Google – ha dichiarato l’editore Herbert Burda, presidente dell’Associazione tedesca degli editori di periodici – darebbe carta bianca all’abuso del monopolio digitale. Invece che garantire una ricerca equa la Commissione autorizzerebbe Google a organizzare i risultati della ricerca secondo il proprio interesse. Sarebbe assurdo se la Commissione legalizzasse un tale abuso di monopolio”.

La causa nasce dal ricorso di alcuni attori dell’economia digitale europea contro l’abuso che Google fa della sua posizione dominante nei motori di ricerca. Tra gli altri problemi quello della tendenza di Google a privilegiare i propri servizi nella pagina di risultati di ogni ricerca, oltre al fatto che per alimentare alcuni di questi servizi si utilizzano informazioni tratte da servizi concorrenti.

I primi impegni offerti da Google per chiudere la vicenda erano stati giudicati insufficienti a luglio. Ad essi sono seguite le nuove proposte presentate a ottobre che la Commissione a sottoposto al vaglio degli interessati, gli editori tra questi.

Google propone, tra l’altro, che accanto al link ai propri servizi, ma in posizione subordinata, siano indicati anche servizi concorrenti. Ma queste posizioni sarebbe messe all’asta: “Niente di meno che un’assurdità”, dicono gli editori. In nessun modo proposte di questo genere possono essere considerate a favore dei consumatori perché il l’ordine naturale delle risposte in una ricerca viene definitivamente accantonato e tutti i servizi propri che hanno evidenza nelle pagine di risposta di Google servono a condurre il consumatore sulle piattaforme pubblicitarie di Google stesso, potenziandone quindi ulteriormente il ruolo di principale azienda pubblicitaria globale.

Le cause antitrust europee posso concludersi con formali impegni volontari presi dall’azienda sotto indagine, oppure con una procedura per arrivare a misure obbligatorie.

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