Google paghi le news che utilizza. Anche De Benedetti contro “Big G”

L’editore di Repubblica: “Troppi vantaggi per il motore di ricerca”. E davanti all’Ftc americana Murdoch insiste: “Usare gli articoli senza pagare è un furto”

Pubblicato il 09 Dic 2009

Oggi nel mondo dei media c'è uno squilibrio evidente in favore
di Google. A scriverlo è Carlo De Benedetti sulle pagine del Sole
24 Ore, a commento non solo del recente articolo del Ceo di Google
Eric Schmidt, uscito sul Wall Street Journal e riproposto proprio
dal Sole, ma anche dell’ultima mossa della Grande G nella
battaglia con Rupert Murdoch sulle news online. Google ha infatti
modificato il proprio programma First Click Free per limitare
l'accesso gratuito dei suoi utenti a contenuti informativi che
sono invece a pagamento sui siti d'origine, permettendo
l’accesso gratis solo a cinque pezzi e facendo scattare
l'obbligo d'acquisto o abbonamento dal sesto articolo.
“È questa la vittoria di Murdoch, accettare di regalare ogni
giorno a ciascun utente di Google cinque articoli del suo Wall
Street Journal, l'unico giornale al mondo che guadagna vendendo
i contenuti? Fosse così, ben scarso risultato avrebbe prodotto la
recente minaccia da parte dell'editore australiano di sfilare i
propri quotidiani a Google per darli in esclusiva al giovanissimo
concorrente Bing della Microsoft”, conclude De Benedetti. 

Da dove arriva la strapotere di Google? Secondo il presidente del
gruppo L’Espresso, dal fatto che ha trasformato i giornali “in
uno dei suoi tanti content provider. E poiché”, argomenta De
Benedetti, “la pubblicità che conta è legata ad altre keywords
e non alle notizie, chi pagherà il lavoro di redazioni ed
editori??Schmidt conferma che la vera mission di Google è
raccogliere dati in misura e qualità non replicabili da nessun
altro. E siccome la tecnologia oggi glielo consente, potrebbe
rapidamente raggiungere un tale vantaggio competitivo da non essere
colmabile dai competitor, che di fatto semplicemente
scompariranno”.

Google, nota De Benedetti, “è una macchina straordinaria da
raccolta pubblicitaria” fondata su due asset formidabili: una
capacità tecnologica che non ha paragoni (un milione di server) e
un disprezzo assoluto per le norme locali su privacy e i diritti di
proprietà intellettuale. “In questo senso la nuova politica di
First Click Free per ora sembra più un diversivo che un
cambiamento di strategia”, secondo De Benedetti. “E tuttavia è
un passo. Certamente troppo piccolo. Ma rivelatore della
consapevolezza di un problema che c'è: come restituire valore
ai contenuti informativi messi online dalle aziende editoriali, con
costi crescenti, in modo da salvare l'informazione di qualità.
È questa la partita in gioco. Ed è una partita di tale importanza
che ogni mossa merita attenzione e rispetto. Vedremo se altri passi
seguiranno”.

In attesa della reazione di Google, ha preso la parola Rupert
Murdoch, intervenendo ieri di fronte alla Federal trade commission
americana. La sua posizione è chiara: “Usare i nostri contenuti
gratis è un furto. Far pagare le notizie online non allontanerà i
lettori”, come riporta La Repubblica. Il patron di News Corp. è
convinto della valità del modello del Wall Street Journal. Secondo
Murdoch, “il futuro del giornalismo è più promettente che
mai”, ma la stampa deve riconoscere che il vecchio modello di
business è morto e che il consumatore di informazione va
assecondato seguendo l’evoluzione dei suoi bisogni e delle
tecnologie. “Guardiamo la realtà in faccia”, ha detto il
magnate australiano: “la pubblicità su Internet non può
sostenere i giornali sul lungo termine”. La ragione è semplice
aritmetica: la crescita della pubblicità online non riesce a
tamponare le emorragie della pubblicità su carta. Ma su un punto
Murdoch è irremovibile: “Nel nuovo modello di business, faremo
pagare i lettori per le nostre notizie che forniamo online. Io
credo che il lettore pagherà se gli diamo un prodotto utile e di
qualità”. Poi la stoccata contro Google: “Costoro pensano di
avere il diritto di impadronirsi dei nostri contenuti e di usarli
senza contribuire di un centesimo ai costi. Questo si chiama furto.
Noi faremo in modo di ottenere un prezzo ragionevole ma equo per il
valore che offriamo”. La porta alla collaborazione è stata
aperta.

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