Google sta rallentando le vendite di Google TV, il sistema
operativo per connettere il televisore al web. L’azienda ha
chiesto a suoi partner tecnologici, lato hardware, di sospendere la
dimostrazione di prodotto prevista a gennaio al Ces di Las Vegas.
Lo rende noto il New York Times, aggiungendo che Google TV è già
sbarcata da un paio di mesi sul mercato, integrata in apparecchi
televisivi di Sony, Logitech. Nuovi apparecchi compatibili con
Google TV e prodotti da Sharp, LG e Toshiba dovevano essere
presentati al Ces, l’annuale Consumer electron ics show di Las
Vegas. Altri produttori, fra cui Samsung e Vizio, avevano in agenda
di presentare dimostrazioni private di Google TV.
Ma Google TV non è l’unico prodotto in ritardo sulla tabella di
marcia del search engine. Anche Chrome OS, il sistema operativo di
Google destinato ai notebook, e Google Fiber, il network pilota per
il Fiber to the home (Ftth) negli Stati Uniti, non rispetteranno le
scadenze fissate: il lancio previsto entro il 2010 è stato
posticipato all’anno nuovo.
Ma Google non è l’unica in ritardo nel mercato delle tivù
connesse. Anche altri player, come i partner olandesi Conceptronics
e Metrological (Yuixx box), Telecom Italia (Cubovision, il box è
realizzato da Amino) e Boxee/D-Link (Boxee Box) sono stati tutti
costretti a ritardare a più riprese il lancio dei loro set top box
ibridi sul mercato.
Questi ritardi sono dovuti ad una serie di ragioni. In primo luogo,
problemi di carattere tecnico. La componente tecnologica comune a
tutti i prodotti succitati è targata Intel. Ogni dispositivo è
basato su un Soc (system-on-chip) della Intel che si chiama Atom
(CE 3100, CE4100, CE4150). L’operatore francese Iliad (Free) ha
già lanciato il suo set top box ibrido, munito di chip Intel, e
Comcast sta sperimentando il lancio negli Stati Uniti.
In secondo luogo, il ritardo è legato a risultati di vendita
deludenti. I telespettatori sono un target caparbio, restio al
cambiamento, il che riduce il mercato potenziale. Tuttavia, il
mercato sta cambiando. Le nuove generazioni guardano sempre meno
tivù rispetto alla audience più matura. Secondo stime di
Forrester, I giovani compresi nella fascia di età fra 31 e 44 anni
passano la stessa quantità di tempo davanti alla tivù e davanti a
internet.
In terzo luogo, l’utilizzo della Google TV e affini non è
facile. Lo sviluppo delle nuove interfacce utente è lungi
dall’essere completato. L’industria, poi, sta facendo fatica a
trovare nuovi contenuti: come introdurre sul mercato un fiume di
nuovi contenuti senza sommergere gli utenti con un’offerta troppo
ampia?
In quarto luogo, scarsa disponibilità di contenuti. Google TV in
particolare è stata il bersaglio preferito del boicottaggio di
Hollywood. Tutte le major americane stanno boicottando Google, che
secondo indiscrezioni starebbe mettendo a punto un servizio di film
in streaming per rendere più appetibile l’offerta di Google
TV.
I problemi tecnici, inclusa la semplificazione di utilizzo, possono
essere risolti. Non sarà semplice, ma la situazione sta cambiando
rapidamente. Anche se Intel resta un fonte di problemi, ci sono
sempre dei competitor cui rivolgersi sul mercato, come ad esempio
il nuovo Soc di Broadcom SoC ( BCM7244), disegnato in particolare
per i set top box.
Il problema dei contenuti è più delicato. Le major hanno una
presa stretta sul content, in particolare sul fronte legale del
digital right managemet. La difesa dei diritti d’autore è
organizzata attraverso strutture legali complicate, i diritti sono
suddivisi su più livelli (geografici, broadcaster tradizionali,
digitali, internet, mobile ecc.). I set top box ibridi rompono lo
schema, portando sul televisore i contenuti online.
UltraViolet, l’ex Dece (Digital Entertainment Content Ecosystem),
il nuovo sistema di contenuti che gode dell’appoggio assoluto del
mercato, potrebbe cambiare questo stato di cose. Sta studinando un
“lucchetto digitale”, un nuovo format per file e gestione dei
diritti digitali, che consenta ai consumatori di acquistare
contenuti una volta sola per poi guardarli sul dispositivo che
preferiscono. Una cosa del genere sta succedendo già nel mondo
della stampa, come recita lo slogan di Amazon per Kindle:
“Compralo una volta, leggilo dove vuoi”. E’ il momento per
l’industria del video e della musica di entrare nel club, perché
non solo Google è frustrata dai severi lacci delle leggi sul
diritto d’autore, ma anche i consumatori sono frustrati perché
non possono usare liberamente tutte queste novità tecnologiche.