Anche il teatro si interroga sui droni. E li mette in scena. Per la precisione al Public theater di New York dove Anne Hathaway, diva hollywoodiana, ha recitato in Grounded – testo scritto da George Brant -, uno spettacolo diretto da Julie Taymor celebre regista teatrale e cinematografica. Uno one-womand show che accende punti interrogativi sulle conseguenze dell’uccidere usando un semplice telecomando.
L’eroina conduce una vita comune. Madre lavoratrice, porta la figlia all’asilo, va a lavoro, rincasa, cena con il marito, guarda la Tv, infine va a letto. Ma ecco il colpo di scena: la donna è una pilota da combattimento ed il suo lavoro consiste nello sganciare missili su soldati e civili a miglia e miglia di distanza. Il tutto mentre sta seduta, comandando un drone a distanza.
Il pilota non ha sempre combattuto a distanza: è stata in passato protagonista di alcune ricognizioni in Iraq. Quando volava in cielo si sentiva “viva”, ma, una volta che la gravidanza l’ha costretta a rimanere a terra, si è unita alla “Chair Force”: un gruppo di piloti che controllano droni in tutta sicurezza da BarcaLoungers.
Come in ogni spettacolo di Julie Taymor le luci, i suoni, e le proiezioni sono esplosivi. Il palco è di sabbia rastrellata, dietro c’è uno specchio scuro ma, su quella sabbia, Taymor riesce ad evocare scale mobili, autostrade, la Strip di Las Vegas, ed i dati e le ombre che il pilota vede sul suo schermo.
Lo spettacolo entra a piene mani nel prezzo pagato per questa (relativamente) nuova forma bellica che consente l’uccisione “a distanza”, senza partecipazione, del nemico. Solo apparentemente senza partecipazione, però: le conclusioni danno i brividi. Il drone ha eliminato il rischio di morte per una delle due parti in guerra, ma fa pagare un costo incalcolabile.