Il fiasco Nexus One. Google stacca la spina

Come il Kin di Microsoft, anche il telefonino del motore di ricerca sulla strada del buen retiro. Le vendite proseguiranno in Europa con Vodafone e in Corea con Kt. Intanto Pechino rinnova al motore la licenza per operare in Cina

Pubblicato il 20 Lug 2010

Nexus One non convince i consumatori e la domanda troppo debole
costringe Google a fermare la vendita online negli Usa sul proprio
sito. Ad dare la notizia lo stesso motore di ricerca sul blog
aziendale: “Abbiamo ricevuto da Htc l'ultima consegna di
Nexus One: una volta venduta questa partita i cellulari non saranno
più disponibili online – si legge -. L'assistenza continuerà
a essere fornita agli attuali possessori di Nexus One, che
continuerà a essere venduto in Europa da Vodafone e da Kt in
Corea”.

La “disfatta” di Nexus One, il cui obiettivo era quello di
rivoluzionare la modalità di distribuzione prediligendo quella via
Web, è in controtendenza con il successo degli altri smartphone
che girano su Android, il sistema operativo di Mountain View di cui
anche il Googlefonino è dotato.

Nexus One era stato lanciato in gennaio e doveva essere la risposta
del motore di ricerca all’iPhone; iPhone che, però, non è stato
scalfito dalla commercializzazione del nuovo device: nello stesso
arco di tempo che Apple ha impiegato a vendere 1 milione di iPhone,
Google ha venduto 135mila Nexus.

Negli Usa il flop aveva dunque portato Verizon a cancellare le
vendite di Nexus in aprile, seguita in maggio da Sprint. In maggio
Google aveva annunciato la chiusura del proprio negozio online
destinato alla vendita. “Non ha senso per Google cercare di
vendere il cellulare attraverso la propria rete di distribuzione
– spiegano gli analisti americani- e poi, allo stesso tempo,
cercare di promuovere Android con altri partner e attraverso altri
canali. Da qualche parte doveva cedere”.

Buone notizie invece dalla Cina. Il governo di Pechino ha
confermato il rinnovo per un anno della licenza che “permette a
Google di operare nel Paese in quanto l'azienda statunitense ha
accettato di rispettare le leggi sulla censura”, precisa una nota
del Ministero dell'Industria e della Tecnologia.

L'accordo implica che Google "non fornirà informazioni in
grado di minacciare la sicurezza nazionale o gli interessi cinesi,
non inciterà all'odio razziale, non propalerà notizie legate
alla superstizione, non minaccerà la pace sociale né diffonderà
contenuti a carattere pornografico, violento o diffamatorio",
sottolinea il ministero.

"L'intesa permette che i sistemi attivi su Google.cn
(musica, traduzione, ricerca di prodotti) non siano sottoposti ad
alcuna censura – spiega Jessica Powell, portavoce della società
-. Per tutti gli altri servizi sarà però necessario spostarsi su
Google.com.hk, attivo a Hong Kong”.

Il rinnovo della licenza mette fine a una battaglia iniziata lo
scorso gennaio quando, dopo aver scoperto degli attacchi
informatici contro i suoi siti che provenivano dalla Cina, Google
aveva rifiutato di continuare ad obbedire ai dettami della censura
inviando automaticamente i suoi clienti sul suo sito di Hong Kong,
che non è sottoposto alla censura cinese. Al momento
dell'esplosione della polemica Google stava guadagnando
posizioni rispetto al suo rivale cinese, Baidu, ed aveva
conquistato il 32,8% del mercato cinese, che conta oltre 400
milioni di utenti. In seguito alla crisi, la quota di mercato della
compagnia americana è scesa al 27,3%.

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