L'ANALISI

Influencer: luci e ombre sulle linee guida Agcom

Come coordinare le responsabilità con gli attuali obblighi di monitoraggio in capo ai brand? Quali saranno i soggetti che dovranno adeguarsi? Come conciliarle le disposizioni con quelle di Iap e Antitrust? Troppe incertezze e l’eccesso di regolamentazione rischia l’effetto boomerang

Pubblicato il 21 Lug 2023

Marta Minonne

Orsingher Ortu Avvocati Associati

Yara Toriello

Orsingher Ortu Avvocati Associati

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L’Autorità Garante delle Comunicazioni ha avviato una consultazione pubblica con l’intento di ampliare le norme applicabili agli influencer e gli oneri di trasparenza nell’ambito del relativo operato. Questo, stando ad Agcom, è possibile qualora gli influencer (intesi anche come youtuber, creators, vloggers, etc.) siano chiamati al rispetto del “Testo Unico dei servizi di media-audiovisivi”, così equiparandoli ai fornitori di servizi media.

La consultazione pubblica sugli influencer

Il documento sottoposto a consultazione pubblica non è ancora disponibile, tuttavia è già possibile condividere alcune riflessioni preliminari e spunti, se non altro in virtù del fatto che le regole in questione dovrebbero affiancarsi a quelle già emanate, anche in forma di best practices, dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (Iap) e dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La stratificazione normativa, sulla base delle informazioni disponibili, non sembra a prima vista poter creare una sinergia tra le regole e le autorità. Al contrario questa potenziale coesistenza potrebbe presentare non poche problematiche.

Equiparazione tra influencer e fornitori di servizi media

Innanzitutto, le norme emanate da Iap e Antitrust trattano i contenuti realizzati dagli influencer come aventi natura pubblicitaria, facendoli ricadere nell’applicazione della normativa a tutela dei consumatori contro le forme di pubblicità occulta. Non è chiaro, pertanto, se l’Agcom voglia disattendere la matrice pubblicitaria dei contenuti degli influencer, riconoscendo la sola natura audiovisiva oppure voglia far coesistere queste due interpretazioni. Quanto precede pone già, di per sé, una serie di dubbi di non poco conto. Inoltre, equiparandoli a “fornitori di servizi media audiovisivi”, gli influencer sarebbero gli unici responsabili dei contenuti da loro messi a disposizione sulle piattaforme, senza dunque che l’eventuale brand committente compartecipi alla responsabilità nei confronti dell’Autorità. Come potrebbe dunque coordinarsi questa responsabilità con gli attuali obblighi di monitoraggio in capo ai brand dell’attività dell’influencer sui contenuti commissionati e la conseguente responsabilità solidale tra questi soggetti per eventuale pubblicità occulta? Dipenderà forse dalla natura commerciale o meno del contenuto audiovisivo? Saranno due treni che correranno su binari paralleli?

Interpretazioni “speculative”

E ancora, la distinzione introdotta dall’Agcom tra “soggetti che propongono contenuti audiovisivi in modo continuo” e “soggetti che operano in maniera meno continuativa e strutturata” sarà fonte di interpretazioni speculative? Se non altro perché, allo stato, la diversa qualifica non sembra basarsi su criteri oggettivamente riscontrabili e, dunque, l’Autorità potrebbe decidere in via meramente discrezionale (e forse soggettiva) quali influencer perseguire.

Il quadro che si delinea è quello di un settore normativo che all’apparenza sembra voler disincentivare e/o oberare di burocrazia i più noti influencer con misure quali iscrizione al Roc e conseguenti oneri, presentazione della Scia, disciplina in materie di opere europee e indipendenti, ecc. Così facendo, in effetti, questi professionisti potrebbero valutare di “eludere” la sorveglianza di Agcom proponendo contenuti sporadicamente (e in ogni caso, quale sarebbe la frequenza rilevante ai fini dell’applicazione del Testo Unico?).

L’impatto sui brand

Oltre che sugli influencer, questa iniziativa di Agcom potrebbe avere inevitabilmente un impatto anche sui brand che, riscontrando la sussistenza di determinati oneri gravosi in capo ai super influencer, potrebbero valutare di ricorrere a diversi canali e/o influencer meno popolari per sponsorizzare/pubblicizzare i propri prodotti/servizi (ammesso e non concesso che la predetta distinzione si applichi anche ai contenuti pubblicitari!).

Due pesi due misure?

Sembra dunque che l’approccio dell’Agcom sia quello di favorire i cosiddetti influencer con meno seguito, che potrebbero infatti beneficiare di una regolamentazione meno stringente e complessa nei loro riguardi, rendendoli anche più appetibili agli occhi dei brand. Sotto il diverso profilo di chi deve “vigilare”, il panorama così delineato vedrebbe diverse autorità coinvolte: la stratificazione normativa, infatti, comporta non solo possibili incertezze, ma anche l’attribuzione di poteri inibitori e sanzionatori a tre diverse autorità.

I rischi di un eccesso di regolamentazione

Non si può non vedere favorevolmente il desiderio di Agcom di una maggiore trasparenza e consapevolezza nei confronti degli stakeholder e del pubblico, ma, allo stesso tempo, un eccesso di regolamentazione rischia di avere impatti negativi su un settore che, al momento, ha un indotto in Italia centinaia di milioni di Euro. Queste sono allo stato mere riflessioni preliminari. Si potranno eventualmente “tirare le somme” non appena sarà disponibile lo schema di linee guida sottoposto a consultazione.

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