Quali armi ha in mano il “vecchio” mondo degli editori
audiovisivi contro Google? Esistono modelli di business, regole,
tecnologie in grado di arginare l’ascesa di motori di ricerca e
aggregatori? E ancora: il caso Google-tribunale di Milano cosa ci
insegna? La regolamentazione europea è sufficiente
all’evoluzione di Internet? O non si dovrebbe invece pensare a
un’alternativa, un ”tertium genus” in grado di regolare la
zona grigia fra la direttiva e-commerce e quella sui media
audiovisivi?
Cerca di rispondere a questi interrogativi il
rapporto presentato da e-Media Institute, la società guidata
da Emilio Pucci in collaborazione con Giangiacomo Olivi di Dla
Piper, che fa luce sul “Nuovo mercato degli audiovisivi di rete,
aspetti economici e normativi”.
Nel rapporto, illustrato oggi alla Biblioteca del Senato a Roma con
una tavola rotonda, vengono pubblicati i risultati di un’analisi
previsionale sull’evoluzione del mercato audiovisivo italiano. I
quattro singoli mercati del contenuto audiovisivo (televisione,
home video, servizi video Internet-Web e servizi video via mobile,
destinati a confluire e ibridarsi nel macro-settore degli
audiovisivi di rete, raggiungeranno nel 2014 un valore economico
pari a circa 10,3 miliardi di euro (misurato al livello dei ricavi
degli editori), ovvero lo 0,8% circa del Prodotto Interno Lordo
stimato per il 2014. Rispetto al 2008, quando il mercato valeva
circa 8,4 miliardi, si tratterebbe di una crescita in valori
assoluti pari a poco meno di 2 miliardi.