Emittenti locali sul piede di guerra contro il cosiddetto decreto
“milleproroghe” che, come scrive L’Adige, “si è ingoiato i
circa 40 milioni di euro che lo Stato, fino ad ora, consegnava alle
500 tv e alle circa 1000 radio locali del nostro Paese”. “Per
un’emittente come la nostra”, spiega Marilena Guerra,
direttrice della trentina Tca, “questo taglio significa centomila
euro in meno: le risorse per mantenere tre posti di lavoro”.
Tra l’altro, specifica la Guerra, “non si tratta di un
contributo generico: sono aiuti per le spese per l’energia
elettrica, il telefono, le agenzie di stampa”. Per questo anche
Tca ha aderito alla giornata di protesta indetta da
Aeranti-Corallo, il coordinamento nazionale delle imprese
editoriali radiotelevisive locali, proponendo nei suoi telegiornali
approfondimenti sul ruolo delle tv e delle radio locali, scendendo
insomma sul campo di battaglia con l’arma dell’informazione.
“Abbiamo intervistato esponenti politici, i parlamentari trentini
e Enrico Paissan, il presidente del Corecom”, sottolinea la
Guerra.
Stessa strategia d’attacco per Rttr. “Abbiamo concordato con la
direttrice di Tca una linea comune e anche noi, a partire dalla
rassegna stampa del mattino e nei tg, abbiamo sottolineato le
ragioni della nostra adesione a questa giornata di protesta”,
dichiara Stefano Mura, direttore della storica tv trentina. Anche
in questo caso, è stato sentito, tra gli altri, il presidente del
Corecom Paissan, il quale ha parlato di “insensibilità del mondo
politico per la dimensione della comunicazione. La realtà locale
svolge un vero servizio pubblico”, ha aggiunto.
“Per fortuna noi siamo un’emittente strutturata e nessuno
rischia il posto di lavoro”, continua Mura, “ma per le tv e le
radio più piccole, quelle che hanno assunto un paio di giornalisti
per coprire quel 25% della programmazione che dev’essere
riservato all’informazione per poter accedere ai contributi, è
davvero dura. Oltre alla crisi ci sono stati imposti forti
investimenti per il digitale e questi tagli sono una brutta botta.
Per molte emittenti locali una botta letale”.
Per le tv, il calcolo è drammatico, riporta L’Adige: senza gli
aiuti statali, un centinaio di televisioni locali chiuderanno i
battenti e questo, sottolinea Gabriele Buselli di Tca, “aprirebbe
un grande affare, quello della svendita dei canali da parte delle
emittenti in difficoltà. Dietro questo decreto milleproroghe, poi,
c’è la questione della crisi della pubblicità: ai grandi gruppi
televisivi oggi interessano anche le briciole locali e quindi
vedono le tv regionali come concorrenti”.
La protesta unisce l’intera Penisola: “Stop a tutti i
finanziamenti dati dal governo fino al 2008, il 60% delle spese
sostenute dalle emittenti per abbonamenti ad agenzie di stampa, tra
il 40 e il 50% per l’energia elettrica e il telefono” riassume
il Corriere Fiorentino. “Una norma che pesa come un macigno
sull’universo delle radio, circa 20, e delle tv toscane, 42,
interessate dal provvedimento, che ha anche valore retroattivo,
vale cioè a partire dal 2009. Ballano posti di lavoro ed è a
rischio la qualità dei prodotti giornalistici di queste
emittenti”.
“Una decisione che non poteva passare inosservata e cui abbiamo
deciso di opporci con oltre centomila spot trasmessi in tutte le
emittenti interessate, riunioni e dibattiti dedicati al tema”,
dichiara Luigi Bardelli, membro del comitato esecutivo
Aeranti-Corallo e direttore di Tvl Pistoia. “I tagli del governo
colpiscono prima di tutto la libertà d’espressione”, ribadisce
Enrico Viviano, direttore di Radio Toscana (45mila ascoltatori medi
giornalieri). “Il dato di fatto? Che il decreto è stato votato
da tutti, destra e sinistra”. Ora da qualche parte toccherà
tagliare: se non sarà sui posti di lavoro, la scure cadrà sulle
agenzie di stampa.