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Netflix & co. campioni anche nel post-pandemia. Ma in futuro la lotta sarà dura

Il 72% degli utenti non abbandonerà l’abbonamento allo streaming, secondo Boston Consulting Group. Il servizio fondato da Reed Hastings domina il mercato insieme ad Amazon, Hulu e Disney+. Il modello basato sulla pubblicità, che consente agli utenti di fruire gratuitamente dei contenuti, sarà il competitor da battere

Pubblicato il 04 Giu 2021

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Hanno fatto “esplodere” il fenomeno streaming video nel corso della pandemia. Ma sono destinati a rimanere in sella anche con la riapertura. Sono Netflix, Amazon, Hulu e Disney+ i “magnifici quattro” dello streaming video che faranno ancora a lungo la parte del leone.

Emerge dallo studio Streaming Viewers Aren’t Going Anywhere condotto da Boston Consulting Group, secondo cui il 55% degli utenti ha aumentato il tempo di fruizione durante la pandemia. Ma soprattutto il 72% manterrà le abitudini acquisite. Insomma, “gli spettatori ci sono e non se ne andranno – si legge nel report -: un’ottima notizia per l’industria dello streaming. Anche se, guardando ai dettagli, si vede che il quadro è più complicato”.

Chi sono i campioni dello streaming video

A dominare il settore ci sono le Big Four dello streaming su abbonamento (Subscription Video On-Demand). Netflix conquista il primo posto con il 70% degli utenti, seguita da Amazon Prime Video (59%), Hulu – non visibile in Italia – (41%) e Disney Plus (36%). Tutto il resto è una coda lunga di servizi non-core, tra i quali si distingue Hbo Max che dal momento del suo lancio (maggio 2020) ha raggiunto una penetrazione del 20%, superando Apple Tv (ferma all’11%), mentre faticano Youtube Premium (6%), Discovery + (5%) e Starzplay (3%).

In crescita lo streaming con pubblicità

In crescita negli Usa sono invece le piattaforme di streaming gratuite basate sull’advertising (Advertising Video On-Demand), come Pluto TV (13%), Tubi (12%) The Roku Channel (11%), Crackle (8%) e Peacock, in versione free (8%). L’aumento è stellare: negli ultimi mesi hanno guadagnato il 300% di nuovi utenti, mentre secondo le rilevazioni quasi ogni utente (0,7 rispetto allo 0,2 della scorsa ricerca) usufruisce di almeno uno di questi.

Non tutti però allo stesso modo: a dedicarsi alle piattaforme Avod sono sopratutto utenti esperti il consumo in modalità Avod aumenta significativamente tra chi utilizza già quattro servizi (o più) in streaming. Il fenomeno sembra suggerire che gli spettatori “forti” in cerca di novità tendono a voler provare i servizi gratuiti anziché investire nelle piattaforme a pagamento minori.

Il rischio per le piattaforme minori

Si tratta, per queste ultime, di una “cattiva notizia”. Su questo segmento soffrono la concorrenza delle Avod e rischiano, a lungo andare, di essere estromesse dal mercato. Tra queste è molto basso l’indice di fedeltà ad Apple Tv: molti degli utenti meditano di interrompere l’abbonamento (21%) o di utilizzarlo in maniera temporanea e mirata, cioè per la durata di un particolare show che desta interesse (10%).

Lo stesso fenomeno riguarda, in misura varia, anche gli altri servizi di streaming non-core, ma soprattutto i canali di sport, che costituiscono un’altra vittima dell’ascesa dei servizi di streaming gratuiti. In media il 7% pensa di chiudere l’abbonamento, mentre il 15% occasionalmente. Del resto la penetrazione generale è molto bassa. Tra gli intervistati, solo il 7% segue Espn+, che è quello che totalizza il numero più alto, mentre sono trascurabili o prossimi allo zero le percentuali di canali come WWE Network (3%). Tra le Big Four l’unica piattaforma meno solida sotto questo aspetto è Amazon Prime Video, (5% pensa di lasciare, l’8% di utilizzarla in via occasionale).

“In un’epoca di mobilità accresciuta da parte degli utenti, legata alla grande varietà di offerta e facilità di cambiarla, per le piattaforme diventa essenziale riuscire a trattenere spettatori – dice Bart Banche, Managing Director e Partner di Bcg -. Per questo motivo, e al fine di distinguersi nell’affollato spazio competitivo, occorre puntare su dei contenuti sempre rilevanti e fornire un’esperienza utente all’avanguardia”.

Quanto conta il passaparola

Secondo lo studio, poi, le preferenze degli utenti riguardo ai programmi da vedere sono, al 74%, influenzate dal parere degli amici e dei conoscenti. Una voce che per il 43% merita addirittura il primo posto.

Seguono le funzioni dei provider come il “guarda ora” che appare al termine della visione, indicate per il 68% (ed è la prima per il 23% delle risposte). La pubblicità classica arriva al 51% (prima solo per il 16%) mentre è scarso l’impatto di siti specializzati come Rotten Tomatoes, fermi al 42% e primi soltanto per il 9%, e scarsissimo quello dei quotidiani, come il New York Times, punto di riferimento soltanto per il 22% e primi per il 5%. Sono dati che suggeriscono come, in un contesto di grande concorrenza e sovrapposizione, “la strategia di marketing per emergere – si legge nel report – deve risultare ben calibrata, individuando gli spazi giusti e distinguendosi per la propria offerta”.

Il ritorno delle piattaforme Avod indica che questa è la strada giusta: non combattendo nel campo della produzione di nuovi contenuti, preferiscono offrire vaste librerie digitali, cui possono aggiungere servizi a pagamento limitati in cambio di una visione senza pubblicità. “Il successo delle piattaforme Avod – conclude Banche – indica che, dopo qualche scettiscismo iniziale, il modello pubblicitario è tornato. Questo ritorno potrebbe anche essere un’opportunità per le aziende Svod minori, quelle che soffrono di più e che per sopravvivere potrebbero fare evolvere la loro offerta e diversificare la modalità di fruizione”.

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