Netflix ha accettato di pagare al fisco italiano 55,8 milioni di euro, mettendo così fine al contenzioso che si era aperto con l’Agenzia delle Entrate a seguito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Milano e dalla Guardia di Finanza per omessa dichiarazione dei redditi, e quindi per non aver versato tasse in Italia. Le indagini si sono concentrate sul periodo precedente al 2022, quando Netflix aveva attrezzature tecnologiche dislocate nel nostro Paese ma senza aver assunto dipendenti o aver aperto una vera e propria sede.
“Il gruppo multinazionale al temine della fase di accertamento fiscale condotto dall’Agenzia delle Entrate, ha proceduto al versamento complessivo ed in un’unica soluzione di euro 55.850.513 a titolo di imposte, sanzioni ed interessi per definire ogni pendenza con il fisco italiano per il periodo dall’ottobre 2015 fino al 2019”, si legge in una nota del procuratore di Milano Marcello Viola. A coordinare l’indagine è stato il pm Enrico Pavone, che l’ha presa carico dal collega Gaetano Ruta nel frattempo passato alla Procura Europea, con le indagini sul campo svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziario della Guardia di Finanza. La contestazione è stata quella di aver dato vita a “una stabile organizzazione occulta di una società estera operante della digital economy”.
Secondo la procura milanese si stratta del “primo caso, in ambito mondiale, in cui viene ipotizzata l’esistenza di una stabile organizzazione occulta di una società estera operante nella Digital Economy, completamente priva di personale e caratterizzata esclusivamente da una struttura tecnologica avanzata“, “asservita in via esclusiva allo svolgimento di funzioni aziendali chiave per la conduzione del proprio business sul territorio dello Stato”. Si tratta in tutto di un content delivery network composto da più di 350 server, “che sarebbero stati utilizzati in via esclusiva ed installati stabilmente sull’intero territorio nazionale presso Data Center ed i principali operatori di telefonia”. “Questa complessa ed evoluta infrastruttura tecnologica avrebbe costituito la base – scrive la Procura – su cui la Guardia di Finanza prima e l’Agenzia delle Entrate dopo hanno individuato presupposti tecnico-giuridici, richiesti dalle norme internazionali e nazionali, per la configurazione di una stabile organizzazione ‘materiale’ di un’azienda estera, ritenuta idonea a produrre reddito d’impresa in territorio italiano”.
La situazione è poi cambiata dal primo gennaio 2022, da quando cioè Netflix ha costituito una società in Italia e a stipulare i contratti “e fatturare i corrispettivi provenienti dagli abbonamenti sottoscritti con gli utenti nazionali. Ciò determinerà la tassazione in Italia dei redditi prodotti dalla vendita degli abbonamenti agli utenti residenti sul territorio nazionale”, spiega ancora il procuratore Viola.