Sfonda la soglia del 50% l'utenza di Internet percepito come un
mezzo “più libero e disinteressato”, mentre la carta stampata
perde il 7% di lettori in due anni ed è fuori dalla dieta
mediatica di oltre il 50% dei giovani. E sono proprio i giovani che
fanno volare gli smartphone e per informarsi usano i tg (69,2%)
tanto quanto Google (65,7%), Facebook (61,5%) e guardano i
programmi su YouTube. È questa la fotografia scattata dal
Censis-Ucsi nel nono rapporto sulla comunicazione “I media
personali nell'era digitale”, presentato oggi a Roma dal
presidente dell'Istituto di ricerca Giuseppe De Rita e dal
direttore generale, Giuseppe Roma e discusso da Andrea Melodia,
presidente dell'Unione Cattolica Stampa Italiana.
Dalla ricerca emerge, dunque, un dato chiave: l'utenza di
Internet è cresciuta di oltre il 6% in due anni attestandosi al
53,1%. Ma mentre cala il digital divide, aumenta invece il press
divide: se nel 2009 era del 60,7% la percentuale degli italiani che
si accostava a mezzi a stampa accompagnati da altri media, ora è
scesa al 54,4%. In particolare, i quotidiani a pagamento (47,8%
utenza) perdono il 7% di lettori tra il 2009 e il 2011, ed è
stabile la lettura delle testate giornalistiche online (+0,5%, con
un'utenza del 18,2%).
Nel mondo dell'informazione, la centralità dei telegiornali è
ancora fuori discussione, visto che l'80,9% degli italiani li
utilizza come fonte. Tra i giovani però il dato scende al 69,2%
avvicinandosi molto al 65,7% raggiunto dai motori di ricerca su
Internet e al 61,5% di Facebook. A livello generale, dopo i tg i
più seguiti sono i giornali radio (56,4%), i quotidiani (47,7%) e
i periodici (46,5%). Seguono il televideo (45%), i motori di
ricerca come Google (41,4%), i siti di informazione (29,5%),
Facebook (26,8%) e i quotidiani on line (21,8%). Secondo gli
italiani, inoltre, la categoria dei giornalisti è competente
(76,9%) ma poco indipendente (67,2%). E considerando una scala da 1
a 10, la tv è credibile al 5,74, i giornali al 5,95, la radio di
più (6,28) e Internet (6,55) è percepito come un mezzo “più
libero e disinteressato”.
Capitolo a parte la tv. Secondo l'indagine, l'utenza
complessiva rimane stabile al 97,4% ma è avvenuto un ampio
rimescolamento. Gli spettatori del digitale terrestre sono
aumentati in due anni di oltre 48 punti percentuali arrivando al
76,4%, ovviamente a scapito della tv analogica (-27,1%). La tv
satellitare, invece, si mantiene costante (35,2%). La web tv
aumenta di ulteriori 2,6 punti percentuali nell'ultimo biennio,
con un'utenza complessiva al 17,8%. Mentre la mobile tv rimane
a livelli bassi, relegata a un pubblico saltuario e di nicchia
(0,9%). La web tv, invece, aumenta di ulteriori 2,6 punti
percentuali nell'ultimo biennio, con un'utenza complessiva
al 17,8%. E sono soprattutto i giovani (14-29 anni) a diversificare
le possibilità di fruizione delle trasmissioni tv. Il 95% utilizza
la tv tradizionale (analogica o digitale terrestre), il 40,7% la
web tv, il 39,6% la tv satellitare, il 2,8% l'Iptv, l'1,7%
la mobile tv. La stessa fascia d'età traina anche l'uso di
smartphone, (+3,3% in genere, con un'utenza che sale
complessivamente al 17,6% e al 39,5% tra i giovani).
Dalla ricerca, infine, arriva la conferma che oggi ognuno si
costruisce palinsesti “fatti su misura”. Indipendentemente,
dall'uso del televisore, infatti, il 12,3% della popolazione
italiana attinge ai siti delle stesse emittenti tv per seguire i
programmi prescelti; il 22,7% utilizza YouTube; il 17,5% segue
programmi tv scaricati tramite il web da altre persone. Il dato
relativo ai giovani che guardano i programmi su YouTube sale al
47,6% (il 20,1% lo fa abitualmente). Il 36,2% dei giovani, inoltre,
segue programmi scaricati da altri (si tratta di ragazzi che si
scambiano file tra di loro) e il 24,7% ricorre ai siti web delle
emittenti tv. Nei programmi seguiti via Internet, musica (18,3%),
sport (11,7%) e film (9,9%) sono ai vertici dell'interesse.
In questo contesto il Censis la maggioranza degli italiani pensa
che il web debba restare gratuito anche se c'è una percentuale
non piccola – il 25% – disposto a pagare.
Andando nello specifico, per il 15,4% degli italiani "è
giusto pagare i contenuti di qualità per non sottrarre risorse
alla professionalità, mentre per il 9,6% i contenuti vanno pagati
perché la libertà di espressione dipende anche dai bilanci degli
editori". Questi due dati sommati, danno appunto il 25%, pari
ad 1 italiano su 4.
Tuttavia, va sottolineato che per la maggioranza degli italiani, il
74,9%, il web dovrebbe restare gratuito: per il 39,1% "perché
la forza della rete è la piena libertà dell'utente",
mentre per il 35,8% perché "gli editori possono contare sugli
introiti pubblicitari". E sono soprattutto i giovani (49,3%)
ad avere la visione della rete come luogo in cui la libertà
dell'utente verrebbe minata se dovesse venir meno la
gratuita".
E c'è un altro dato interessante. L'opinione prevalente su
chi dovrebbe pagare per i contenuti d'informazione
professionale disponibili su Internet vede in pole position (43,8%
delle risposte) gli aggregatori di notizie (vedi Google), seguiti
dai service provider "che ottengono ricavi grazie al traffico
generato dai contenuti" (35,2%). E solo il 14,7% degli
intervistati pensa che il copyright vada protetto introducendo il
meccanismo dei micropagamenti, altra formula considerata
salva-crisi. La percentuale scende al 15,5% per i giovani, e sale
al 17,3% per i soggetti più istruiti.
"Siamo in una situazione di sgretolamento rispetto alla
cultura dei media a cui siamo abituati – sottolinea Giuseppe Roma,
direttore generale del Censis – Internet non ha 'fregato' i
media ma si è integrato, entrando nella vita di tutti noi. I
giovani stanno cambiando le funzioni e le organizzazioni dei media,
e anche i palinsesti se li fanno da soli".
Per Andrea Melodia, presidente Ucsi, "bisogna prendere
coscienza dell'enorme 'complicazione' che sta avvenendo
nel mondo dei media".
"Da questo Rapporto sulla comunicazione si evince che c'è
la riscossa dell'hardware, con l'invasione dei tablet e
degli smartphone, è per questo che il governo deve accelerare
sulla banda larga – osservato Cesare San Mauro di 3 Italia mentre
per Maurizio Costa, amministratore delegato di Mondadori, quella di
Internet "è una grande rivoluzione che ci vede attenti. Ad
esempio, il mercato degli e-book in Italia è ancora residuale ma
si evolverà con lo sbarco nel settore di Google, Apple e
Amazon".