Il digitale sta cambiando il giornalismo. Oggi la professione è un insieme di mansioni parcellizzate, amministrate da un “desk” e delegate agli operatori sul campo, o direttamente prelevate dai media social, che internet crea, potenzia, trasforma di continuo. Il ciclo della notizia si avvicina sempre più alla radiocronaca di eventi resocontati in tempo reale. Notizie e polemiche si bruciano rapidamente ma l’approfondimento della notizia (un tempo svolto tipicamente dai settimanali) assume la forma a “coda lunga” propria di Internet, modificando radicalmente il rapporto fra obsolescenza e persistenza delle notizie.
L’apertura del giornalismo alla dimensione audiovisiva attraverso la radio e la tv è avvenuta tra conflitti e attriti, ma si è risolta felicemente perché era collegata ad una espansione della professione e della funzione sociale che essa svolgeva.
Ciò non è successo quando l’editoria e il giornalismo si sono confrontate con il Web 2.5. I quotidiani hanno trasformato la loro offerta in prodotto multimediale, sviluppando grandi siti in cui si accede all’aggiornamento continuo delle notizie, a centinaia di video e a veri e propri canali televisivi del giornale, in cui si può assistere in streaming alle riunioni di redazione (modificandone radicalmente l’assetto) o si consultano i blog dei giornalisti. Il lettore ha la possibilità di intervenire, commentare, contribuire con propri contributi.
La readership dei quotidiani di carta ha perso negli ultimi vent’anni anche la metà delle copie, in parte sostituita da abbonamenti digitali (che si avvalgono anche di internet mobile sui telefonini e più recentemente sui tablet) che tuttavia al momento non compensano se non in parte modesta le falle aperte nei bilanci dall’abbattimento delle vendite in edicola, e conseguenti entrate pubblicitarie.
La notizia in sé tende sempre più a diventare una commodity, un bene a cui si accede in un clima di sostanziale gratuità; se qualcuno cerca di fartela pagare, ti industri per cercare altrove, attraverso la rete, chi può fornirtela. Contemporaneamente i social network – in particolare Facebook e poi Twitter – conferiscono la possibilità all’uomo della strada di esternare pubblicamente le proprie opinioni, di far girare notizie e appelli, di linkare articoli di giornale, fotografie, siti o video, spesso utilizzati dai media istituzionali. Ma la certificazione dell’attendibilità delle notizie? La differenza tra le notizie e i contenuti pubblicitari? È l’aspetto più opaco del Web.