Per anni hanno fatto miracoli sopravvivendo nell’etere,
resistendo allo strapotere di Rai e Mediaset e, più
recentemente, alla crescita della tv via satellite e a pagamento.
Sono le emittenti locali, che rappresentano “il 7% circa della
torta complessiva delle risorse tv”, scrive Emanuele Bruno su
Il Sole 24 Ore. “Ma quando nel 2012 saremo definitivamente in
uno scenario ‘all digital’ questa quota potrebbe risultare di
molto ridimensionata. Da Rai, da Mediaset, da Sky e
dall’avanzata complessiva della tv a pagamento, ma anche
dall’emergere di nuovi protagonisti dell’era della tv
multicanale: distributori come Dahlia tv, content provider
internazionali multipiattaforma come Disney, Turner e
Viacom”.
Secondo lo studio di settore appena edito dall’associazione
Frt, sono 400 le emittenti televisive locali attive in Italia e
dal 2005 al 2007 solo il 10% dei soggetti ha cessato
l’attività. Tuttavia, gli editori locali si trovano ad operare
in condizioni sempre più difficili. “Con lo switch dalla
vecchia modalità di distribuzione alla nuova si moltiplica per
cinque lo spazio in cui prima si poteva proporre un unico canale,
ma le questioni da risolvere sono tante”, nota Bruno. “Si
deve innanzitutto decidere se fare il carrier o il content
provider e la maggior parte degli editori ha scelto sia di
produrre in proprio sia di ospitare canali terzi sui propri
multiplex digitali”. Ancora: c’è da governare
l’aggiornamento tecnologico (decidere se orientarsi subito
verso i programmi in alta definizione, per esempio) e tutto
questo “mentre l’economia e la pubblicità soffrono come mai
prima per la lunga gelata dei consumi”. Se da un lato arrivano
gli aiuti dello Stato alle emittenti che svolgono attività di
informazione (aiuti sempre aumentati dal 1999 a oggi),
dall’altro si registra “la crisi epocale vissuta dalle
televendite, una voce che nella maggior parte dei casi
rappresenta ben oltre il 50% dei ricavi delle tv locali. Nei
primi sei mesi dell’anno il calo del fatturato di questo tipo
è stato in molti casi superiore al 35%”. Conclude Bruno: gli
operatori sono sempre più consapevoli di non potersi affidare a
questa fonte di ricavi come “principale ancora di
salvataggio”. Occorre mettere in palinsesto “programmi
veri”, in grado di ospitare la pubblicità.