Lo studio di Leichtman Research è limitata al contesto degli Stati Uniti, ma può essere indicativo della diffusione del fenomeno del password sharing, la condivisione delle credenziali di accesso tra più utenti di servizii video su Internet.
Secondo i dati della quinta ricerca annuale “Internet-delivered Pay-Tv services 2022“, realizzata su un campione di 4.400 famiglie americane, il 33% degli utenti Netflix condivide le proprie credenziali di accesso al servizio con qualcuno al di fuori del nucleo familiare, mentre il 64% tiene per sé user name e password. Il 15% degli abbonamenti a Netflix è inoltre utilizzato gratuitamente da famiglie che “prendono in prestito” le credenziali da amici o conoscenti, un altro 15% viene pagato da coloro che poi passano le credenziali al altri, mentre soltanto nel 3% dei casi i costi del servizio vengono divisi tra gli utenti interessati.
Più in generale, la ricerca evidenzia che l’83% degli americani ha sottoscritto almeno un servizio di Pay-Tv via internet tra i 15 principali disponibili nel Paese, che possono essere suddivisi tra “direct-to-consumer” e “subscription video on-demand”. Di questo totale il 63% include tra i servizi a propria disposizione anche Netflix.
Il fenomeno della condivisione delle password risulta in ogni caso molto diffuso anche tra chi non è abbonato a Netflix, tanto che il 29% del totale di chi è abbonato a servizi “direct-to-consumer” fa il password sharing al di fuori della propria famiglia, e che il 12% di questi abbonamenti vengono interamente pagati da qualcuno al di fuori del nucleo familiare che li utilizza. Il fenomeno delle password in prestito è più diffuso tra i più giovani (il 34% del totale) tra chi ha tra i 18 e i 34 anni), mentre riguarda soltanto il 14% degli over 35.
“La condivisione delle credenziali è un fenomeno molto diffuso e riguarda tutti i servizi di streaming – spiega Bruce Leichtman, presidente e principal analyst di Leichtman Research Group – La condivisione aiuta a estendere la base utenti e a fidelizzare i clienti, ma contribuisce d’altro canto a creare un divario tra le persone che effettivamente usufruiscono del servizio e quelle che pagano per averlo. Ad esempio circa i due terzi delle famiglie americane affermano di disporre di Netflix, ma questa cifra include anche il 10% delle famiglie che non pagano per il servizio perché lo hanno ‘preso in prestito’ da qualcun altro”.
Netflix si prepara alle contromosse
Proprio per contenere questo fenomeno Netflix ha iniziato a sperimentare nuove soluzioni, che sono state testate in Cile, Costa Rica e Peru. Parliamo della possibilità di consentire legalmente di estendere l’abbonamento a qualcuno al di fuori della famiglia pagando un sovrapprezzo, fino a un massimo di due persone, con un aumento di 3 dollari a utente, mentre in fase di studio ci sarebbe anche la possibilità di un’autenticazione a più fattori per gli abbonati, che prima di iniziare a vedere un contenuto potrebbero essere costretti a digitare un codice ricevuto via e-mail o via Sms.
La situazione in Italia: il caso Dazn
Il fenomeno della condivisione delle credenziali ha avuto il suo momento di notorietà anche in Italia, e ha riguardato il servizio di live streaming di Dazn. La società, che detiene i diritti per la trasmissione dei match del campionato di calcio di Serie A per il triennio 2021-2024, oggi consente due accessi contemporanei al servizio (anche se le Condizioni di utilizzo del servizio specificano di non condividere le proprie credenziali) ma ha annunciato di voler rivedere questa policy dalla prossima stagione per contrastare il fenomeno degli abusi contrattuali. La questione era stata anche al centro del confronto con Tim, partner tecnologico e di disribuzione di Dazn, che ha avanzato la propria volontà di rivedere i termini economici della collaborazione. Tra le possibilità allo studio di Dazn ci sarebbe proprio quella di consentire accessi multipli al servizio con nuove formule di abbonamento, che prevedano un sopvrapprezzo per chi sceglie questa modalità.