La Commissione EU ha presentato nei giorni scorsi un ambizioso pacchetto di comunicazioni ed analisi del fenomeno della contraffazione e della pirateria riconoscendo la gravità del fenomeno e il rischio che questo costituisce per l’Unione. Tuttavia, l’unico passo serio ed efficace che la Commissione avrebbe dovuto annunciare era quello sulla revisione della Direttiva IPRED del 2004, conosciuta anche come Direttiva sull’enforcement dei diritti di IP. Ecco perché.
Già all’epoca la Commissione, nei considerando, scriveva che “le disparità tra gli ordinamenti dei singoli Stati membri in materia di strumenti per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale pregiudicano il corretto funzionamento del mercato interno e rendono impossibile assicurare che i diritti di proprietà intellettuale beneficino di un livello di tutela omogeneo su tutto il territorio della Comunità. Questa situazione non favorisce la libera circolazione nel mercato interno, né crea un contesto favorevole ad una sana concorrenza tra le imprese”.
Inoltre le attuali disparità portano anche ad un indebolimento del diritto sostanziale della proprietà intellettuale e a una frammentazione del mercato interno in questo settore. Ciò comporta una perdita di fiducia degli operatori economici nei riguardi del mercato interno e, di conseguenza, una riduzione degli investimenti nell’innovazione e nella creazione.
Le violazioni del diritto di proprietà intellettuale appaiono sempre più legate alla criminalità organizzata. La diffusione dell’uso di Internet permette una distribuzione immediata e globale dei prodotti pirata. L’effettivo rispetto del diritto sostanziale della proprietà intellettuale dovrebbe essere garantito da un’azione specifica a livello comunitario. Il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia rappresenta dunque una condizione essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno.
È evidente che dopo oltre dieci anni molte problematiche sono tutt’ora irrisolte, prima tra tutte l’efficacia delle misure giudiziarie transnazionali come le cross border injuction.
A questo punto grande è la delusione non solo delle imprese che rappresentano settori protetti da copyright ma dell’intera comunità dei titolari di diritti di proprietà intellettuale che proprio di recente avevano scritto un accorato appello al Presidente Juncker