Ai primi di luglio Confindustria Radio Televisioni ha tenuto la propria assemblea (privata, quella pubblica è slittata al dopo ferie per avere un quadro nomine definito) in cui il Presidente uscente Franco Siddi (ma formalmente ancora in carica nel Cda Rai) è stato confermato in quota … Mediaset. Un asse ben solido da tempo che determinò l’uscita di Sky dall’associazione nel 2016. E la Rai che fa? Aspetta le nomine e paga 250.000 euro l’anno di quota, per niente.
Tutto ciò in vista dell’operatore unico per tv, tlc e radio che potrà nascere dopo l’Opa di F2i e Mediaset su EITowers? Può darsi, Governo giallo verde permettendo. Risolverebbe tutto d’un colpo il problema delle frequenze (affollamento, riserva di un terzo per le locali, passaggio dai diritti d’uso sulle frequenze a quelli sulla capacità trasmissiva, guarda caso oggetto di una recente informativa al Parlamento del Presidente Agcom Cardani) azzerando i (pochi) contributi alle tv locali che verrebbero “trasportate” gratuitamente in nome del pluralismo dell’informazione. Poi però dovrebbero stare economicamente in piedi da sole. Bisogna vedere se la Lega dei territori sarà d’accordo.
Un colpaccio che non riuscì neppure all’ex sottosegretario alle comunicazioni Giacomelli (oggi Vice Presidente di quella Commissione di Vigilanza Rai che oggi ha trombato Foa alla presidenza) nei momenti di massimo spolvero renziano. Intanto RaiWay (società quotata titolare delle torri Rai) riconferma l’interesse per Persidera e sottolinea il ruolo attivo del pubblico nel processo di consolidamento, mentre Inwitt (60% Telecom Italia) affila le armi e si dichiara interessata a far parte della partita. Si profila l’ottobre caldo delle torri. Anche perché la natura pubblica di operatore unico è contenuta in un Dpcm del governo Renzi che puo’ facilmente andare in soffitta con un altro dpcm.