L’AUDIZIONE

Rai, sfida digitale per la “sopravvivenza”

Da media company a vero e proprio over the top pubblico: il futuro legato all’innovazione tecnologica e a un’offerta mirata sugli under 35, la fascia che non contempla la tv lineare. Determinante il modello crossmediale per intercettare gli utenti attraverso tutti i device. In Commissione di Vigilanza l’Ad Roberto Sergio, il direttore generale Giampaolo Rossi e la presidente Marinella Soldi. Si riapre il dibattito sul canone

Pubblicato il 08 Giu 2023

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“Il target under 35 non utilizza più la tv lineare e gli editori che non riusciranno a essere competitivi in ambito digitale rischieranno seriamente di perdere rilevanza su ampie fasce della popolazione. Per i broadcaster pubblici questo significherebbe mettere in discussione una delle funzioni fondamentali: l’universalità del servizio”. Lo ha affermato il direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi, nel corso dell’audizione davanti alla commissione di Vigilanza, che ha ascoltato anche l’amministratore delegato dell’azienda, Roberto Sergio, e la presidente, Marinella Soldi.

“Come sapete – ha premesso Rossi – gli obiettivi strategici del contratto di servizio 2023-2028 (in via di ridefinizione) sono, tra gli altri, accelerare la trasformazione di Rai in digital media company, anche attraverso lo sviluppo delle piattaforme digitali, e accrescere le competenze del pubblico in relazione alle nuove sfide della transizione ambientale e digitale. La trasformazione digitale dei consumi sta determinando, infatti, un punto di rottura del mercato con i player tradizionali, sempre più lontani dal pubblico più giovane in termini di target, modelli di fruizione e nuove semantiche narrative. L’avvento dei player Ott ha intensificato la competizione che ora ruota attorno al contenuto e alla capacità di intercettare il singolo utente, offrendogli una esperienza personalizzata”, ha spiegato il dg Rai.

Verso contenuti rilevanti per ogni specifico utente

“I nuovi contenuti e la competizione con player digital native stanno dunque spingendo i broadcaster tradizionali ad una radicale revisione del modello operativo dal momento che l’ingresso dirompente di Ott ha aumentato la pressione competitiva e posto la realizzazione di contenuti originali al centro delle strategie – ha puntualizzato Rossi -. L’evoluzione dello scenario dei media, il processo di digitalizzazione e le nuove modalità di fruizione dei contenuti hanno ovviamente modificato le abitudini degli utenti. I contenuti distribuiti su più piattaforme, sia lineari sia digitali, e dispositivi differenti, stanno determinando l’affermazione degli Ott. Quest’ultimi, disponendo di budget di gran lunga superiori e di un mercato di riferimento globale, hanno indebolito i broadcaster tradizionali che restano il medium principale solo per le fasce più adulti. Insomma, la capacità di proporre contenuti rilevanti per ogni specifico utente (sono circa 38 milioni coloro che usufruiscono mensilmente di offerte video Ott, secondo Audiweb Rai) diventa più che mai fondamentale”, ha aggiunto.

Focus sul ruolo di Rai Play

“La prospettiva di Rai come digital media company dev’essere incentrata sul ruolo rafforzato e rinnovato di Rai Play, come vera e propria Ott pubblica e chiaro presidio tecnologico per elaborazioni dati, sviluppo di distribuzione non lineare e offerta di contenuti anche con nuovi modelli di consumo, mettendo gli utenti al centro dell’offerta, comprendendo i loro bisogni e sviluppando un’offerta distintiva e attrattiva – ha spiega il dg -. Ci attendono insomma diverse sfide: quella di conquistare quote di pubblico giovane, nativo digitale, che già privilegiano piattaforme online e modalità di fruizione Vod, valorizzando, attraverso una comunicazione puntuale e una user experience efficace, la varietà della propria offerta gratuita di library e di contenuti esclusivi; quella di aumentare la permanenza su Rai Play del pubblico indirizzandolo anche verso library di proprio interesse”.

Puntare su un’offerta editoriale e commerciale crossmediale

“Le piattaforme di Rai Play e di Rai Play Sound possono considerarsi ormai una ‘piattaforma infinita’ – ha detto ancora Rossi -. Rai Play con i suoi quasi 24 milioni di utenti registrati (di cui 1 su 3 con meno di 35 anni), i suoi quasi 6000 titoli on demand che rappresentano il catalogo più consistente delle piattaforme digital e con i suoi 17 canali simulcast, è una delle Ott più evolute e complete tra quelle dei servizi pubblici europei. Rai Play Sound, la piattaforma podcast della Rai nata 2 anni fa, con i suoi 230.000 utenti unici, i 5 milioni mensili di stream (live e audio on demand), i centinaia di podcast originali, programmi radio, le riduzioni audio di programmi tv per una fruizione alternativa e i 200 audiolibri gratis (che fanno della Rai l’unico editore in Italia a concedere gratuitamente questo prodotto) rappresenta un esperimento di assoluta avanguardia e originalità”, ha aggiunto il dg.

“Miscelando il tutto e ragionando in prospettiva, possiamo dire che la Rai è già avviata ad essere una digital media company a tutti gli effetti ma, in considerazione delle veloci trasformazioni del mercato, dovrà sempre più proporre un’offerta editoriale e commerciale crossmediale capace di intercettare il pubblico ovunque si trovi, in ogni momento e su qualsiasi device“, ha evidenziato il dg.

Adeguarsi alle modalità di fruizione dell’era digitale

“Sono profondamente convinta, come presidente della Rai e personalmente, che il nostro bene futuro come azienda e come Paese, dipenda dalla nostra capacità di mettere i giovani al centro di strategie e iniziative, dialogando con loro, aiutandoli ad essere protagonisti del cambiamento”, ha aggiunto la presidente Rai, Marinella Soldi. “Il gruppo di lavoro Giovani inter-direzionale aziendale è stato creato per questo, di nuovo partendo dai dati. Ha tracciato una strategia On screen/prodotto e Off screen/interno azienda per impostare prodotti e azioni mirate: sarà cura del nuovo vertice rendere operative queste proposte”. “Adeguare la nostra organizzazione ai tempi e alle modalità di fruizione dell’era digitale significa rispondere meglio ai bisogni dei cittadini, senza lasciarne fuori nessuno – ha spiegato -. La Rai, per essere centrale nella vita degli italiani, deve attuare la radicale trasformazione in media company digitale. A questo scopo è essenziale portare a conclusione rapidamente il molto lavoro già fatto sui tre piani di azione sinergici: contratto di servizio, piano di sostenibilità, piano industriale”.

Capitolo nomine: “Continuità e innovazione”

“I criteri guida per le nomine “sono stati (e saranno, per le nomine che seguiranno): competenza e capacità manageriale, bilanciando continuità e innovazione. Sono stati scelti quindi professionisti validi, prestando molta attenzione a salvaguardare, laddove rilevante per la posizione, il pluralismo. Quest’ultima, pluralismo, è una parola chiave, e la pronuncio sapendo bene quanto sia cara a voi e a tutti coloro i quali abbiano attraversato le aule parlamentari e questa in particolare. Ma dobbiamo attenerci a questo criterio anche noi come Rai”, ha invece spiegato l’amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio.

L’ad Sergio: “La Rai deve essere di tutti”

“La Rai si muove in coerenza con la Costituzione solo se il servizio pubblico che svolge risulta orientato verso due fondamentali obbiettivi: da un lato, realizzare trasmissioni che rispondano all’esigenza di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzata da obiettività e completezza di informazione, da ampia apertura a tutte le correnti culturali, da imparziale rappresentazione delle idee che si esprimono nella società e, dall’altro, garantire il diritto di accesso nella misura massima consentita dai mezzi tecnici. Più in particolare, i programmi culturali, nel rispetto dei valori fondamentali della Costituzione, debbono rispecchiare la ricchezza e la molteplicità delle correnti di pensiero. Non sono parole mie. Le ho mutuate dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 225/74, datata, ma che rimane una delle più rilevanti in materia di pluralismo interno, il principio che si può declinare appunto come l’obbligo di dar voce a tutte o al maggior numero possibile di opinioni, tendenze, correnti di pensiero politiche, sociali e culturali presenti nella società. La Rai, quindi, deve essere di tutti, non può fare a meno di essere di tutti, pena l’incompatibilità con i dettami costituzionali e il venir meno della sua universalità. Ne consegue che, per un verso, non può escludere alcuno e, per altro verso, non può essere appannaggio solo di alcuni”, ha sottolineato l’ad Rai.

“Ognuno potrà o vorrà vedere la bilancia pendere da una parte o dall’altra ma proprio per questo sono previsti presidi esterni titolati a verificare eventuali concrete violazioni e a farvi porre rimedio; penso all’Autorità di regolamentazione indipendente, ma penso anche, a un livello ancora più alto, a questa stessa Commissione. Ricordando che qualunque eventuale possibile disallineamento su singoli episodi deve fare i conti con una realtà articolata: per la televisione, in 7 testate giornalistiche, 3 canali generalisti, 12 canali semi-generalisti e specializzati e 1 canale visual radio; per la radio, 1 testata, 3 canali generalisti, 2 canali tematici e 7 canali digitali specializzati, oltre alla vasta offerta digitale disponibile sulle piattaforme RaiPlay e RaiPlay Sound, le grandi realizzazioni degli ultimi anni, che dimostrano la vitalità della Rai. Una realtà che trasmette 365 al giorno 24/7 e che è accessibile sempre e ovunque, da qualsiasi device, su ogni piattaforma. Una valutazione, quindi, estremamente complessa e articolata”, ha aggiunto.

Canone: nell’attuale sistema “la soluzione da preferire”

“L’adeguatezza, la certezza e la stabilità, su un orizzonte pluriennale, delle risorse rappresentano requisiti irrinunciabili” per la Rai e “non dovrebbe tardare” la “conferma dell’attuale sistema” di riscossione del canone, che è “assolutamente da preferire”, o “la decisione per un nuovo modello”. Così ancora l’amministratore delegato dell’azienda Roberto Sergio. “La tempestività riduce i rischi di incertezza sia nei confronti dei cittadini sia nei confronti degli stakeholder a vario titolo coinvolti, a partire, tenendo conto della posizione finanziaria negativa netta di gruppo con le correlate scadenze nonché degli investimenti attesi, dai nostri finanziatori, per i quali le entrate da canone rappresentano un punto fermo in termini di garanzia”.

“Desidero, pertanto, rappresentare con forza la necessità che qualora – pur in assenza di cogenti e ineludibili disposizioni comunitarie – si intendesse procedere, a distanza di pochi anni dall’entrata in vigore del sistema del ‘canone in bolletta’, ad una revisione del sistema di riscossione del canone, ebbene, in tale circostanza, sarà indispensabile valutare con estrema attenzione l’efficacia della soluzione alternativa e i correlati rischi, individuando preventivamente le misure di mitigazione”, ha proseguito Sergio. “La concessionaria del servizio pubblico, infatti, lo stesso sistema dei media nazionali, e, ciò che più conta, il sistema Paese, non può in alcun modo rischiare di regredire ricorrendo a modalità che possano caratterizzarsi, come la precedente, per una evasione del tributo nell’ordine del 30% (ricondotta a livelli fisiologici, in linea con le migliori pratiche a livello europeo, grazie al sistema in vigore), con tutte le evidenti conseguenze sulla continuità aziendale che non voglio neanche evocare ma che non potrebbero che significare, per la ricordata correlazione tra compiti/costi/finanziamento, una revisione profonda del perimetro di attività”.

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