Le trattative per la stipula del nuovo contratto di servizio (il
vigente scadrà a fine anno) sono ovviamente iniziate da tempo e
due questioni stanno interessando la politica e l’opinione
pubblica più delle altre.
La prima, e forse la più spinosa, riguarda i rapporti tra la Rai e
Sky. Grazie a Tivùsat, la televisione pubblica – che deve essere
presente su tutte le piattaforme – è anche sul satellite: può
dunque privare Sky delle tre reti ammiraglie? È chiara la
posizione del Viceministro Romani, per il quale si tratta di una
scelta aziendale “se dare vantaggio ad uno dei suoi maggiori
competitor attuali, ovvero Sky” o preferire “una piattaforma
gratuita”, cioè Tivùsat. Una scelta in questo senso, però, ha
chiarito il presidente dell’AgCom Corrado Calabrò nel corso di
un’audizione in Commissione di Vigilanza, sarebbe valutata
dall’Authority tenendo conto della diffusione (oggi ancora
limitata) di Tivùsat.
Le polemiche, ovviamente, non sono mancate. Per Giorgio Merlo,
Vicepresidente della Commissione di Vigilanza in quota Pd, “la
televisione pubblica, per sua stessa natura, deve cercare la
massima diffusione possibile”. È della stessa opinione il
Capogruppo dell’Udc in Vigilanza, Roberto Rao, per il quale,
“la presenza nel bouquet di Sky consente alla Rai di raggiungere
moltissimi italiani che altrimenti non vedrebbero i suoi
programmi”. Anche Mario Landolfi, ex Ministro delle
Comunicazioni, chiarisce di “non auspicare una rottura totale”,
pur non sottovalutando le questioni commerciali, “anche perché
il duopolio è ormai un ricordo del passato e qualsiasi scelta tra
due piattaforme concorrenti deve essere oggetto di attente
riflessioni”.
Un altro punto sul quale il dibattito è particolarmente vivo è la
maggiore attenzione per la qualità dei programmi. Immediatamente
sono divampate le polemiche circa la possibilità che ciò si
trasformi in una sorta di censura sui programmi di informazione,
evenienza questa esclusa, sempre durante un’audizione in
Vigilanza, da Calabrò, secondo cui non è previsto “alcun
controllo di qualità sull’informazione”. Il problema della
qualità dei programmi televisivi in generale, e di quelli del
servizio pubblico in particolare, è comunque sentito da tutti. Se
Rao plaude a iniziative che senza compromettere l’indipendenza
della Rai tutelino la qualità e i minori, Landolfi vede il cuore
della questione “nella carenza di sperimentazione per produrre
programmi che attirino i giovani e nello scombussolamento dei
palinsesti, un tempo un vero e proprio spartiacque per la tutela
dei minori”.
Ma mentre Landolfi è convinto che “qualità non significhi
corrispondenza politica”, Merlo si dice pronto alla battaglia in
Vigilanza “se con la scusa della qualità, indispensabile
elemento costitutivo del servizio pubblico, si dovesse cercare la
normalizzazione della Rai”. Un aspetto particolare della qualità
dei programmi riguarda poi la tutela dei minori. Per Francesco
Soro, presidente del Corecom del Lazio e componente del Comitato Tv
e Minori, “c’è l’esigenza di una riflessione culturale non
solo sul ruolo della Rai, ma sull’attualità del «Codice di
autoregolamentazione tv e minori». Occorre una riflessione a
partire dai dati empirici, cioè dal consumo di tv da parte dei
minori e dalle modalità dello stesso, per poi sviluppare un
modello di qualità innovativo che tenga conto anche delle
variabili produttive”. In altre parole, è inutile stabilire
normative che poi vengono puntualmente disattese per inseguire lo
share.