TV PUBBLICA

Rai, Upa: “Serve un canale senza pubblicità”

Un’aziende “depressa, mal gestita, asservita alla politica, priva di strategia, meno interessante per gli investitori”: così i pubblicitari attaccano la tv pubblica. Il presidente dell’associazione: “Modello ideale una fondazione proprietaria dell’ente pubblico”

Pubblicato il 17 Feb 2012

“In progressivo calo di reputazione, meno attrattiva per gli ascoltatori, meno interessante per gli investitori”: è il giudizio con cui i pubblicitari bocciano la Rai, la tv pubblica italiana "in grave difficoltà". Una via d’uscita potrebbe essere rappresentata però, secondo l’Upa, l’associazione che raccoglie le imprese che investono in pubblicità, dalla nascita di "una rete senza spot per dimostrare che il servizio pubblico può anche non seguire le logiche dell’audience a tutti i costi", come ha detto Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente dell’associazione, presentando la ricerca realizzata da Astra Ricerche di Enrico Finzi "Rai, quale futuro?".

In particoalre la Rai deve essere allontanata il più possibile dalla politica e protetta dalla lottizzazione, creando “filtri” per contenere le istanze della politica in ambiti ben definiti. “Il modello ideale”, ha proposto Sassoli “sarebbe il conferimento a una Fondazione che diviene proprietaria dell’ente pubblico, con uno statuto che rifletta l’attuale contratto di servizio. Con un Consiglio di Indirizzo, Controllo e Garanzia che definisca le strategie e ne controlli il rispetto. Un Consiglio di Amministrazione deputato alla gestione, al cui interno venga nominato un Amministratore Delegato responsabile della operatività nel rispetto degli indirizzi generali ricevuti dal Consiglio di Indirizzo”.

Nessuna privatizzazione, ma una gestione condotta secondo “criteri di efficienza – dice Sassoli -, perché un servizio pubblico è una garanzia democratica ed è uno dei migliori veicoli per animare il pluralismo. Una rete generalista può essere senza pubblicità, per giustificare il canone, recuperandone la diffusa evasione, e deve tendere alla missione di servizio pubblico, modernizzandosi, ricercando la qualità e la sperimentazione”, ha detto Sassoli de Bianchi.

Attraverso oltre 200 interviste a stakeholder, investitori, consulenti ed esperti del mondo della comunicazione, la ricerca ha fornito un articolato quadro di valutazioni sulle condizioni attuali della Rai e sulla possibile riforma che potrebbe cambiare il suo futuro.

Le valutazioni emerse sono prevalentemente critiche disegnando un’azienda in grave difficoltà, “depressa, con molti talenti non o mal utilizzati, con un sempre minor orgoglio aziendale, con un futuro incerto, illeggibile e con poche speranze". Non mancano tuttavia giudizi positivi su punti di forza ancora attuali: “è la memoria storica del Paese, con un grande patrimonio di competenze e know how.

L’evoluzione della Rai, nell’analisi di Enrico Finzi, deve conformarsi a un modello “multi-multi”, cioè multi-canale, multi-piattaforma, multi-contenuto, multi-target” che si traduca in un inedito pluralismo di contenuti/stili/target, passando dall’offerta rigida al consumo personale e su misura: “quel che voglio, dove voglio, quando voglio”.

“L’Upa”, ha commentato il Presidente Sassoli, “ritiene di esprimere un’opinione e una raccomandazione sul futuro della Rai, suffragata da una ricerca approfondita, vista la fase di grande trasformazione che attraversa il sistema della comunicazione con inevitabili conseguenze anche per la pubblicità. Il momento storico impone un approccio trasparente, responsabile e innovativo. UPA sente la responsabilità di rappresentare il principale elemento di mercato nel sistema dei media e ritiene che la modernizzazione del Paese passi anche attraverso il futuro di una RAI in cui si possano coniugare logiche commerciali e ambizioni di crescita civile.”

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