Il 3D non è una bufala. Non ci riferiamo al gustoso latticino, né
al simpatico bovino che pascola in Campania (e nel film
“Gomorra”), ma alla possibilità che il 3D possa non essere una
falsa partenza, una pagliacciata, un balocco per bambini e non
un’innovazione paragonabile all’avvento del suono o del colore
negli audiovisivi. Se ne sentono dire di tutti i colori sul 3D: che
è un gadget buono solo per i blockbuster americani, che non è
applicabile al cinema d’autore né alla televisione mainstream,
che è impossibile fruirne senza gli scomodi occhialini, che
trasforma tutto in un videogioco, che i suoi elevati costi non
producono né un aumento dei ricavi né della qualità. Insomma,
una moda passeggera.
Chi scrive è di opinione contraria. Il 3D comporta una visione del
tutto diversa dal cinema tradizionale: non frontale, ma immersiva.
Non guardo l’immagine, sono dentro di essa e posso muovere lo
sguardo in ogni direzione. Questa immersione provoca nello
spettatore una particolare ebbrezza, l’emozione di una presenza,
e conferisce alla visione un carattere emozionale ed esperienziale.
Una fruizione unidirezionale diventa così paragonabile a
un’esperienza interattiva, e questo è molto in linea con i
tempi. Inoltre, se è immersiva, ciò significa che riceve
un’attenzione esclusiva, non distratta, come ormai avviene in un
mondo contraddistinto da un’offerta di immagini larghissima,
satura.
Mi sia permessa una noiosa parentesi erudita: il cinema e la tv,
come la fotografia, discendono dalla prospettiva rinascimentale e
dalla sua grande pittura. La prospettiva, in un quadro 2D,
costruisce geometricamente la terza dimensione stabilendo un punto
di fuga da cui si dipartono tutte le linee dell’oggetto. Lo
spettatore deve collocarsi nel centro di fuga. Nell’architettura
barocca, invece, il visitatore/spettatore è immerso nella
spazialità dell’edificio e in tutti i suoi elementi
illusionistici. Il 3D discende dal barocco e si allontana dal
Rinascimento. Se qualcosa di tutto ciò che abbiamo scritto fosse
vera, potremmo avere una graduale diffusione del 3D (la tipologia
di visione più partecipativa) e una semplificazione sia degli
apparati di ripresa, che delle competenze di montaggio e
post-produzione, oggi elevatissime.
Se nel frattempo sarà possibile avere schermi 3D senza occhiali,
potremo avere telecamere 3D consumer e smartphone 3D. Una nuova
generazione di oggetti da vendere al consumatore; ma soprattutto
una nuova economia della visione, dai videogiochi alla tv, a
internet, alla pubblicità. Una pazzia? Pensate alle conseguenze di
altri “salti” tecnologici: il passaggio nel cinema dal muto al
sonoro, la tv a colori, la musica digitale. Attorno a ciascuno di
esso c’è stato un grande cambiamento nel mercato, ma anche nei
codici della visione e del ruolo dell’immagine nella società.