Ho letto con piacere le riflessioni di Tim Berners Lee dedicate al
primo ventennio del Web
(http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=long-live-the-web).
Non è l’articolo di un qualunque geek o nerd ma di colui che, in
un ufficetto del Cern di Ginevra, il Web lo ho inventato. Si può
discutere sulla data di nascita di questa grande innovazione: nel
dicembre 1990, come Tim dice, il WWW prese forma sul suo computer.
Per noi seguaci, il Web comincia nel 1993 quando all’Università
dell’Illinois Marc Andressen e Eric Bina mettono a punto il primo
browser, Mosaic.
Fa piacere leggere, nelle parole sempre brillanti di Tim, la
riaffermazione dell’universalità del Web e l’importanza che i
suoi protocolli costitutivi, a cominciare da Html e Htpp, siano di
libero uso a tutti perché provenienti da una istituzione pubblica
di ricerca, il Cern, e non da una ditta privata alla ricerca del
profitto. Tra le minacce allo sviluppo di Internet, che Tim
individua con la lucidità dei grandi vecchi (classe 1955,
peraltro), la principale è quella della privatizzazione crescente
di Internet in walled gardens dai quali si può entrare e uscire,
ma si fa fatica a portare fuori qualcosa: si tratti di Facebook o
di iTunes.
Tutto vero, ma il grande sviluppo di Internet è dovuto non solo
alla sua universalità: ma alla combinazione fra questa e la
possibilità di recintarne dei segmenti, con accesso e uscita
regolamentati. Ho citato più in alto Andressen e Bina con Mosaic
perché già nel preistorico 1993 questa dialettica si dispiegò
con evidenza. I due lavoravano (ancora studenti!) all’Università
dell’Illinois e dunque il browser Mosaic era pubblico e di libero
uso. Pochi di noi lo hanno usato; molti di più hanno conosciuto
Netscape, derivato politicamente scorretto di Mosaic messo su da
Andressen e da una sua azienda: che si sarebbe chiamata Mosaic
Communications se l’Università dell’Illinois non l’avesse
denunciata per appropriazione indebita del marchio. Netscape ha
avuto una lunga storia di competizione con Microsoft Explorer, da
cui è uscito sconfitto sul piano commerciale, ma il suo ruolo
nella popolarizzazione di Internet è innegabile.
La rete è cresciuta per un’applicazione a pagamento, per giunta
di dubbia legittimità. iTunes ha aperto straordinarie strade al
consumo della musica online e ha messo una pezza al problema
pirateria: ma avrebbe potuto farlo se non fosse stata anche
un’accumulatrice di profitti? Credo che nessuno debba impedirmi
di costituire un walled garden o di utilizzare protocolli pubblici
per costruire un mio spazio ad accesso condizionato: in fondo, è
quello che faccio arrivando a casa, sulla strada comunale, quando
apro il cancello che immette nel giardino di casa mia. Al di là di
quello che penso io, che è trascurabile, sta di fatto che Internet
si sta evolvendo in questo modo e perché è in questo modo.