LO SCONTRO

Social media contro il “bavaglio” di Trump: “Favorisce i contenuti pericolosi”

Il presidente Usa chiede nuove regole per sanare il presunto “pregiudizio politico” di Facebook, Twitter e YouTube e l’eliminazione delle tutele legali sui contenuti postati da terzi. Le associazioni di settore insorgono: “E’ violazione della libertà di parola”

Pubblicato il 03 Set 2020

trump

Nuovo capitolo nello scontro fra Donald Trump e le piattaforme social: la Internet association, che rappresenta le grandi aziende di Internet come Facebook, Amazon e Google, ha fatto appello alla Federal communications commission (Fcc) chiedendo di respingere le manovre di Washington intese ad annullare lo “scudo penale” di cui hanno finora goduto i social media in merito ai contenuti postati sulle loro piattaforme.

Nel suo ricorso l’associazione di settore afferma che la petizione presentata dall’amministrazione Trump ad agosto e che chiede nuove regole sui social “è basata su assunti non corretti, non ha riferimenti nella legislazione e suscita preoccupazioni di ordine politico”. La Internet association ritiene che le nuove regole della Fcc potrebbero causare una perdita di protezioni legali nella rimozione di “frodi, truffe, contenuti pericolosi che promuovono il suicidio o i disordini alimentari tra gli adolescenti e un’ampia gamma di altri contenuti ‘riprovevoli’” .

Lo scontro con Twitter

Donald Trump ha chiesto al dipartimento del Commercio di presentare la petizione dopo che Twitter a maggio ha avvisato i suoi utenti di verificare i post del presidente che parlavano di presunte frodi che si verificheranno nelle elezioni di novembre col voto via e-mail definendole affermazioni non verificate e non sostenute da prove o fatti. Facebook, Twitter e YouTube hanno anche rimosso un post di Trump perché violava le loro policy riguardo alla disinformazione sul Covid-19.

Trump è andato all’attacco firmando, sempre a maggio, un ordine esecutivo che toglie ai social lo “scudo penale” per i contenuti postati sulle loro piattaforme. L’ordine chiede infatti al Congresso la modifica del “Communications Decency Act”, una legge del 1996 che garantisce immunità penale alle piattaforme digitali rispetto ai contenuti pubblicati da terze parti.

Il decreto della Casa Bianca prevede anche che il dipartimento del Commercio presenti una petizione presso la Fcc, affinché definisca il raggio di azione della “sezione 230” – la parte del Communications Decency Act che è stata toccata dal provvedimento – che, suggerisce Trump, potrebbe “venire rimossa o totalmente modificata”. Viene inoltre ordinato alle agenzie governative di tagliare gli investimenti pubblicitari sui social media e alla Fcc di raccogliere le accuse di censura o faziosità contro i social affinché siano esaminate.

L’escalation

Alla mossa di Trump è seguito il ricorso del Center for democracy and technology (Cdt), gruppo con sede a Washington e finanziato da Facebook, Google e Twitter. La causa cerca di invalidare l’ordine esecutivo di maggio perché, secondo il Cdt, viola i diritti garantiti alle piattaforme social dal Primo emendamento della Costituzione americana, con la conseguenza di mettere il bavaglio alla libertà di espressione online.

Trump ha immediatamente risposto con un nuovo ordine esecutivo che chiede al tribunale di respingere la causa intentata dal Cdt. “L’ordine esecutivo che viene contestato non impone alcun obbligo a nessun soggetto privato”, ma si rivolge solo delle agenzie del governo, sostiene la mozione depositata dal dipartimento di Giustizia presso la U.S. District Court for the District of Columbia. “Indirizza funzionari esecutivi verso l’adozione di misure che potrebbero portare alcune agenzie federali a esaminare….le asserzioni secondo cui le grandi piattaforme online di social media hanno mostrato un pregiudizio politico nel moderare i contenuti”, sostiene la mozione.

La Fcc non commenta

Le manovre di Trump sono state attaccate anche dalla Consumer technology association, che rappresenta aziende come Ibm, Microsoft e Sony, che ha affermato che nuove regole renderebbero la compliance “completamente impossibile”. “È sconvolgente che il nostro stesso governo cerchi di smontare una legge che ha portato in America a innovazioni senza precedenti, con benefici enormi per i nostri consumatori e la nostra economia”, sostiene la Cta.

La Fcc intanto evita di assumere una posizione netta. A maggio, tramite il presidente Ajit Pai (che pure è un “fedelissimo” di Trump), ha fatto sapere che non appoggia la proposta del presidente degli Stati Uniti di modificare la legge che finora ha concesso l’immunità penale a Twitter & co. riguardo ai contenuti pubblicati dagli utenti.

Pai ha però chiarito che si tratta di un dibattito importante e che la Fcc passerà a un attento vaglio ogni richiesta di nuova legislazione da parte di Trump. Inoltre ha respinto la richiesta dei due Democratici che siedono nell’agenzia federale (composta da cinque membri) di respingere la petizione di Trump finché non sarà tenuta una consultazione pubblica e verranno ascoltati tutti gli stakeholder. Pai non ha rilasciato alcun commento sul merito della petizione voluta dal presidente Usa.

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