La Corte Suprema degli Stati Uniti ha temporaneamente bloccato la legge approvata in Texas – su iniziativa dei conservatori – per impedire alle società di social media, come Facebook e Twitter, di intervenire censurando la disinformazione e le parole di incitamento all’odio sulle proprie piattaforme. La misura temporanea – che è stata approvata da una maggioranza ‘trasversale’ che vede accanto ai liberal Sonia Sotomayor e Stephen Breyer i conservatori John Roberts, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett – permetterà alla Corte di decidere se la legge lede, come sostengono le società di social media, i diritti sanciti dal primo emendamento sulla libertà di espressione.
Prima vittoria delle big tech
La decisione temporanea costituisce una prima vittoria per le big tech contro la legge voluta dalla maggioranza repubblica dello Stato per mettere dei limiti alla possibilità di moderare i contenuti. Allo stesso tempo, rappresenta invece una sconfitta per una parte del fronte conservatore statunitense, che accusa i social media di moderare i contenuti sulla base di criteri discriminatori e ideologici.
Contro la decisione si sono espressi tre giudici di nomina conservatrice – Samuel Alito, Clarence Thomas, Neil Gorsuch – e la liberal Elena Kagan. Nell’opinione di dissenso, il giudice Alito ha detto di non aver ancora preso una decisione sulla costituzionalità della legge ma che avrebbe preferito che la legge entrasse in vigore mentre continuava la revisione.
Possibile un’analisi futura sulla costituzionalità della legge
Un tribunale di grado inferiore aveva inizialmente bloccato la legge, ma una Corte d’appello le aveva poi permesso di andare avanti nell’iter. La decisione non si pronuncia quindi sul merito della legge, nota come HB20, ma reintroduce un’ingiunzione che ne impedisce l’entrata in vigore. È comunque probabile che in futuro la Corte Suprema sia chiamata ad esaminare la costituzionalità della legge.
Una legge simile a quella approvata dal Texas è stata adottata anche dalla Florida, ma è stata a sua volta bloccata da una corte d’appello federale la scorsa settimana.