Abuso di posizione dominante. E’ questa l’accusa lanciata contro Sony dai consumatori britannici, che rischia di costare 5 miliardi di sterline al gruppo giapponese.
La denuncia è stata presentata presso la Competition Appeal Court da Alex Neill, ceo del sito di tutela dei consumatori Resolve, per conto di quasi 9 milioni di clienti Sony PlayStation nel Regno Unito, secondo un comunicato riportato dal sito “Playstationyouoweu.co.uk”.
Prezzi “gonfiati” per gli acquisti in-app
Sony e Playstation vengono accusate di violare le leggi sulla concorrenza e di “derubare gli utenti” addebitando una commissione del 30% su ogni gioco digitale o acquisto in-app dal Playstation Store.
“I videogiochi sono ora la più grande forma di intrattenimento nel Regno Unito, prima di TV, video, musica – fa sapere l’associazione di consumatori –. Tutto ciò costa milioni a persone che non possono permettersi di spendere, soprattutto quando siamo nel bel mezzo di una crisi del costo della vita”.
Strategia “anti-concorrenziale”
Le risorse ricavate dalla class action saranno eventualmente ridistribuite ai giocatori che hanno utilizzato il negozio PlayStation UK da agosto 2016.
“Sony domina la distribuzione digitale di giochi PlayStation e contenuti di gioco”, ha affermato uno degli avvocati che guidano la causa. “Ha implementato una strategia anticoncorrenziale che ha portato a prezzi eccessivi per i clienti che sono sproporzionati rispetto ai costi della Sony che fornisce i suoi servizi”.
Secondo gli avvocati Sony ha un “quasi monopolio” sulla vendita di giochi digitali, in particolare su PlayStation, e quindi “non dovrebbe usare quel potere per imporre prezzi irragionevoli ai consumatori”.
I precedenti: Epic Games contro Apple
Sony non è l’unica piattaforma che impone una presa del 30%: la maggior parte dei principali store utilizza la stessa politica dei prezzi. L’ultima grande causa contro la commissione del 30% è stata intentata da Epic Games contro Apple.
L’azienda guidata da Tim Cook aveva rimosso Fortnite dal suo App Store dopo che il l’editore aveva tentato di implementare il proprio metodo di pagamento, aggirando la capacità del negozio di riscuotere il 30% sulle microtransazioni del gioco. Il tribunale ha stabilito che Apple non poteva forzare le microtransazioni a passare attraverso l’App Store, ma ha anche affermato che Apple non violava la legge antitrust.