Sullo streaming illegale e sulla tutela del diritto d’autore il Consiglio di Stato dà ragione all’Agcom e conferma lo stop al sito Gamesgo.
“Ho letto con particolare soddisfazione una recente sentenza del Consiglio di Stato che consolida la bontà del lavoro dei nostri uffici nell’oscurare siti internet che agevolano il pericoloso business della pirateria online“, ha commentato Massimiliano Capitanio, commissario Agcom, relatore del nuovo Regolamento antipirateria dell’Autorità e già promotore di una proposta di legge in Parlamento nella XVIII Legislatura. “Purtroppo molti utenti sono ignari dei rischi che si corrono condividendo le proprie password per pochi soldi“, ha evidenziato Capitanio.
La sentenza 7512 del 3 agosto 2023 (SCARICA QUI IL DOCUMENTO COMPLETO) del Consiglio di Stato ha confermato la legittimità della delibera con cui Agcom ha ordinato agli internet service provider la disabilitazione all’accesso al portale Gamesgo che metteva in contatto gli utenti, con la finalità di agevolare la condivisione illegale degli account di Dazn, Netflix, Youtube Premium, HboO Max, Crunchyroll e Spotify e molti altri.
Violate le regole del diritto d’autore
Gamesgo aveva presentato ricorso al Tar del Lazio contro la decisione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di disabilitare il portale mediante blocco del Dns. A sua volta, la decisione dell’Autorità scaturiva da una denuncia presentata da Dazn.
Il Consiglio di Stato ha rilevato come “lo sfruttamento in qualsiasi modo realizzato di un abbonamento, stipulato da un utente con un operatore economico per l’utilizzo di prodotti coperti dal diritto d’autore, da parte di altro operatore economico, ricavandone un vantaggio, all’insaputa del primo operatore economico (nel caso di specie, Dazn), costituisca un’attività illecita in violazione delle regole, anche eurounitarie, sulla tutela del diritto d’autore” .
La difesa di Gamesgo
Gamesgo si è difesa sottolineando che la sua attività non consiste nella vendita di abbonamenti di terzi, né nella trasmissione di contenuto audiovisivo, che sia o no protetto da copyright, e che, per l’accesso ai contenuti riservati agli abbonati, gli utenti devono andare sulle rispettive pagine internet usando le credenziali fornite da questi provider in fase di abbonamento. Il business di Gamesgo consiste, invece, nell’ “organizzare per i suoi utenti la suddivisione delle spese per i servizi digitali multi-account, attraverso la propria interfaccia web, automatizzando i pagamenti”. In pratica, un utente di Gamesgo (A) si registrava al sito al fine di condividere il proprio multi-account e dividere i costi di abbonamento con un altro soggetto (B) che pagava la sua quota direttamente a Gamesgo; la piattaforma ne tratteneva una parte e versava il resto all’utente A.
Gamesgo si è difesa anche presentandosi non una piattaforma di file sharing bensì di account sharing o economy sharing.
La sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato, valutati tutti gli elementi e i vari gradi di giudizio, ha confermato che, come stabilito in primo grado, l’attività di Gamesgo di condivisione di abbonamenti per la fruizione di contenuti non è lecita, “quantomeno non nei termini proposti dalla piattaforma”, perché “il diritto d’autore e i diritti connessi rientrano nella categoria dei diritti soggettivi disponibili e, pertanto, ogni riproduzione o comunicazione al pubblico (artt. 13 e 16, 78-ter e 78-quater della legge sul diritto d’autore) può essere autorizzata o vietata solo dal titolare del diritto che – nel caso che qui ci occupa – è Dazn. Ed invero, l’unico soggetto titolato a disporre del diritto (cioè, Dazn) non ha concesso alcuna autorizzazione all’odierna appellante”.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che Gamesgo non sia un semplice intermediario “mere conduit”, ma utilizza l’abbonamento di un utente di una società diversa (che trasmette l’opera dell’ingegno) con un diverso potenziale utente che non stipula un autonomo contratto di abbonamento con la società proprietaria del sito web trasmittente, ma si limita a condividere i costi con altro utente dell’unico abbonamento stipulato.
La Direttiva Ue sul diritto d’autore riconosce ai soli autori il diritto di autorizzare o vietare la comunicazione al pubblico, digitale o fisica, delle loro opere. Di qui la decisione secondo cui lo sfruttamento in qualsiasi modo di un abbonamento per i contenuti media, ricavandone un vantaggio, all’insaputa del primo operatore economico (Dazn), costituisce “un’attività illecita in violazione delle regole, anche eurounitarie, sulla tutela del diritto d’autore” .