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Subscription Video on Demand (Svod): significato, vantaggi e mercato 

Un business model emergente, e in parte già emerso, insidia quello delle pay tv: si tratta dei servizi in abbonamento, “transactional” o advertising-based. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul nuovo volto dell’intrattenimento televisivo, terreno di sfida tra gli Ott e i player tradizionali 

Pubblicato il 16 Set 2021

Subscription video on demand

Il termine “Svod”, o subscription video on demand, non suscita probabilmente nella gran parte dei consumatori la stessa sensazione di termini ben più conosciuti come “Netflix”, “Disney+ oYoutube”. Eppure stiamo parlando dello stesso concetto, quello del “Subscription video on demand”: un modello di business che si sta diffondendo in modo sempre più pervasivo negli ultimi anni, contando su connessioni ultrabroadband sempre più capillari e performanti. Fino a lanciare la sfida alle pay-tv tradizionali, come dimostra la vicenda dei diritti televisivi della Serie A di calcio in Italia, che per il triennio appena iniziato sono stati assegnati per la prima volta a Dazn, realtà emergente dello streaming, e non a Sky: alla pay-tv satellitare rimarranno infatti soltanto tre partite in coesclusiva con la piattaforma digitale.

Cosa significa SVOD? 

Svod, come dicevamo, è l’acronimo di Subscription video on demand, ed è una delle tre principali categorie di streaming in cui è suddiviso questo mercato dei media, insieme al Tvod (trransactional video on demand) e all’Avod (Advertising-based video on demand).

I servizi di video on demand si basano sullo streaming, il sistema che consente la trasmissioni dei contenuti attraverso la rete Internet, e quindi possono essere fruiti non soltanto sullo schermo della smart tv ma da qualunque device connesso alla rete, quindi anche dagli smartphone o dai tablet.

Che cos’è il servizio video on demand (VOD) e come funziona? 

 Il video on demand utilizza quindi una nuova tecnologia di trasmissione rispetto a quelle tradizionali: i contenuti non vengono più portati all’utente attraverso il digitale terrestre o attraverso il satellite, ma passano o vengono immagazzinati su una serie di server da cui poi vengono distribuiti agli utenti che si sono registrati al servizio man mano che li richiedono. Nel caso dei contenuti on demand che non vengono trasmessi in diretta, come ad esempio nel caso dei film, delle serie tv e dei documentari, si tratta di contenuti che vengono memorizzati su sistemi di server, e che vengono scaricati “a pacchetti” di qualche minuto dai dispositivi che si collegano: man mano che si prosegue nella visione la parte già vista viene cancellata dal device, che prosegue nello scaricare le parti successive, senza nessuna interruzione per l’utente finale. A questo genere di fruizione si affianca poi il live streaming, utilizzato soprattutto nel campo degli eventi sportivi in diretta e degli spettacoli dal vivo.

Un  di Storia del video on demand 

 Se il video su Internet nasce nel 1997, con la prima cli pubblicata da ShareYorWorld, e con la nascita nello stesso periodo di ActiveMovie Media Player di Microsoft e a seguire di RealPlayer, che contava su una propria applicazione di streaming, l’affermazione dei video on demand risale all’affermazione sul mercato di YouTube e in seguito di Vimeo per i video musicali. Lo sbarco online di YouTube avviene il 14 febbraio del 2005, che il 23 aprile dello stesso anno pubblicherà la sua prima clip: “You and me at the zoo”. Da quel momento, nel giro di mano di un anno, sulla piattaforma saranno caricati una media di circa 65mila video al giorno, che ottengono più di 100 milioni di visualizzazioni ogni giorno. Tanto da attirare l’attenzione dei grandi brand, come Nike, che nell’ottobre 2005 sarà il primo marchio a utilizzare YouTube a scopi commerciali con un testimonial d’eccezione: la star brasiliana del calcio Ronaldinho. A ottobre 2006 la piattaforma entrerà poi a far parte della galassia di Google, con un’acquisizione da un miliardo e 650 milioni di dollari. Di lì a breve il sito diventerà il secondo più visitato su scala globale, dopo il motore di ricerca di Mountain View. Da quel momento in poi il modello di business ha affermato tutte le proprie potenzialità, con la nascita di una serie di colossi che hanno puntato sull’offerta in streming on demand, fino ad arrivare a oggi con – soltanto per fare un paio di esempi nel campo delle offerte a sottoscrizione – Netflix e Disney+.

Quali sono le varie tipologie di Vod? 

Il mondo del video on demand può essere suddiviso, come dicevamo, in tre principali segmenti: Svod, Tvod e Avod.

I servizi Svod, acronimo per Subscription video on demand, sono quelli che presuppongono il pagamento di un abbonamento per poter essere fruiti. Si tratta quindi della trasposizione in ambito digitale di un modello di business già presente nel campo della pay-tv satellitare o del digitale terrestre. Si tratta in genere di poter usufruire, attraverso il pagamento di una quota fissa mensile, di un ampio catalogo di contenuti, magari dopo un primo periodo di prova gratuito. Sempre più spesso inoltre i servizi di video on demand mettono a disposizione dei propri utenti anche contenuti originali prodotti direttamente dalla compagnia, come nel caso di Netflix, Amazon Prime Video, Apple Tv o  Disney+.

La “seconda gamba” del Vod è il Tvod, quindi i Transactional video on demand: si tratta in questo caso dei servizi in pay-per-view, dove ogni singolo contenuto può essere acquistato separatamente. Anche in questo caso si tratta di un modello di business già sperimentato dalla pay tv tradizionale, e che è la diretta evoluzione del sistema “blockbuster”, la catena di negozi nei quali era possibile acquistare o affittare le videocassette o i Dvd. Trasportato nel digitale, il modello si divide in Electronic sell-through, la modalità cioè grazie alla quale si può acquistare definitivamente un contenuto, scaricandolo con un download o avendolo sempre a disposizione nella libreria digitale, oppure nella formula “download to rent”, che rende possibile fruire del contenuto per un periodo di tempo limitato. Il costo di questo servizio è di solito minore rispetto all’acquisto del film, e consente di fruire di contenuti più “freschi”, quelli usciti da poco dal circuito delle sale cinematografiche. Tra i servizi più diffusi di Tvod sono da citare Chili, Google Play Video, Microsoft Store, Apple Tv e Rakuten.

Infine l’Avod, acronimo per Advertising-based video on demand: consente lo streaming gratuito e si finanzia attraverso la pubblicità che viene trasmessa prima dell’inizio del video o tra un contenuto e l’altro. Si tratta nella maggior parte dei casi di piattaforme che mettono online contenuti prodotti dagli stessi utenti, che ricevono una contropartita a seconda di quante volte vengano visualizzati i loro video. Non mancano però i servizi che mettono a disposizione degli utenti contenuti come serie Tv, o che ripropongono i contenuti delle reti televisive. Esempi di questo genere di Vod sono Youtube, Twitch e  RaiPlay.

Quali sono i vantaggi della piattaforma SVOD rispetto alla Tv convenzionale?

 Quello dei servizio Vod è un vero e proprio cambio di paradigma nel campo della fruizione di contenuti video di intrattenimento, che sancisce il passaggio dai palinsesti “lineari” delle reti televisive tradizionali a un modello di consumo su richiesta, che rende disponibili i contenuti nei tempi preferiti dall’utente, che può vederli non per forza attraverso l’apparecchio televisivo, ma anche in mobilità attraverso un laptop, uno smartphone o un tablet, senza interruzioni pubblicitarie e – nel caso della maggior parte delle serie Tv – senza dover attendere una settimana o un giorno intero prima di poter guardare l’episodio successivo.

 Quanto vale il mercato Svod? 

 Nel 2020 in Italia il mercato complessivo delle vendite di contenuti media nel 2020 ha raggiunto il valore di 6,6 miliardi di euro, registrando un 4% in memo rispetto al 2019, con la componente Internet in crescita del 55% rispetto all’anno precedente. La cifra è composta per il 72% dalla vendita di contenuti video, per il 19% dalla musica e per il 9% dalle news. Il comparto più in crescita è quello della vendita di video, con un +67%, seguito dalla musica con un +32%, e dai contenuti news a pagamento (+29%).

Quanto al mercato europeo, secondo i dati pubblicati da It Media Consulting con il report “Video on Demand in Europe: 2021-2024 – The new normal”, il Vod tra il 2021 e il 2024 è destinato a registrare una crescita del 12% l’anno. In termini di quote di mercato, nel periodo di tempo preso in esame, il Tvod crescerà molto meno, diminuendo di importanza con il passare degli anni, mentre nel 2024 il subscription video on demand rappresenterà l’87% dei ricavi totali. La tendenza generale porta a prevedere che nell’arco dei prossimi tre anni gli utenti pagheranno in generale, su scala globale, di più per i servizi video online che per la pay-Tv, con il video online che sarà destinato a diventare la principale fonte di revenue da tv e video. Uno dei campi su cui si misureranno i player del settore è quello della trasmissione in streaming degli eventi sportivi in diretta: i ricavi dei diritti tv sportivi dovrebbero raggiungere oltre 71 miliardi di euro entro il 2024 in tutta Europa. Di questa enorme cifra, i più redditizi saranno ancora i diritti calcistici, che dovrebbero passare da 11 a 27 miliardi di euro, con il “vecchio” mercato delle Pay tv insidiato sempre più da vicino dagli Ott, come stanno dimostrando in Italia le vicende che hanno riguardato Dazn e Amazon Prime Video, rispettivamente per il campionato di calcio di serie A  e per la Champions League.

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