L’Agcom avrà più tempo per definire le regole relative all’asta delle frequenze per il 5G. E’ quanto prevede l’emendamento del governo all’articolo 89 della legge di bilancio. Si prevede infatti di spostare dal 31 marzo al 30 aprile il termine per la definizione delle procedure per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze. E’ inoltre previsto che l’aggiornamento del piano di numerazione automatica dei canali del servizio digitale terrestre e le modalità di attribuzione dei numeri, sempre in capo all’Agcom, slitti dal 30 novembre 2018 al 31 maggio 2019.
L’emendamento a più forte impatto sui consumatori riguarda però il mondo della radiofonia: dal gennaio 2020 tutte le radio in vendita dovranno essere dotate di un chip per la trasmissione digitale. Il percorso comincia dal 2019: “per favorire l’innovazione tecnologica – si legge nell’emendamento del governo – a partire dal primo giugno 2019 gi apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione sonora venduti dalle aziende produttrici ai distributori al dettaglio” dovranno integrare “un’interfaccia che consenta all’utente di ricevere i servizi della radio digitale”.
Con l’asta lo Stato prevede di incassare entro il 30 settembre 2018 i primi 1.25 miliardi. Le altre tranche ammontano a 50 milioni nel 2019, 300 nel 2020, 150 nel 2021 e la restante quota – non inferiore a 750 milioni – nel 2022. Sono queste le “rate” che gli operatori Tlc dovranno versare per le frequenze in banda 700Mhz (694-790 MHz) e per le cosiddette pioniere: 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz. Lo Stato italiano fissa un prezzo “di riserva”, 2,5 miliardi: al di sotto non si scende, o si dovrà ricorrere nel 2022 a una “manovrina finanziaria” (articolo 17, comma 12-bis, legge 31 dicembre 2009, n. 196). Ma in realtà si punta più in alto: 3,5 e, ottimisticamente, 4 miliardi.