Sono 1,4 milioni le smart card di TivùSat attive nel nostro Paese, per un totale di 4 milioni di clienti serviti. Ma in futuro, l’obiettivo della piattaforma è quello di allargare le proprie attività alla connected tv, per offrire servizi a tutti i broadcaster italiani in ottica di “distretto dell’audiovisivo italiano” nel processo in atto di convergenza fra tv e Internet.
La piattaforma satellitare gratuita, che integra le reti del digitale terrestre, è nata poco meno di tre anni fa. È partecipata da Rai, Mediaset, Telecom Italia Media, Frt e Areanti Corallo e garantisce la copertura del digitale terrestre nelle zone dove il segnale non arriva per problemi di conformazione orografica del territorio. Picchi di attività per TivùSat si registrano in particolare nei periodi di switch off. “L’obiettivo di TivùSat è superare i 2 milioni di smart card nei prossimi anni – annuncia il presidente di TivùSat nonché direttore del Digitale Terrestre Rai Luca Balestrieri -. I dati confermano la bontà dell’intuizione per cui è nata TivùSat: l’utenza aveva bisogno di questo servizio e la curva delle attivazioni è stata molto più rapida del previsto. Il modello TivùSat ha colto il bisogno di un’offerta di piattaforma basata su una cooperazione pro-competitiva e pro-mercato”.
Le reti terrestri non raggiungono il 100% della popolazione e questo per definizione e non soltanto in Italia. “La curva degli investimenti per uno 0,1% marginale al di sopra del 90%-92% di copertura cresce in maniera esponenziale – racconta Balestrieri -. C’era quindi una prima esigenza di copertura, che sentì la Rai, perché la Rai deve fare un servizio universale. Inoltre, tutti i Mux della Rai diversi dal Mux 1 e quelli delle emittenti commerciali si attestano a poco più del 90% di copertura. C’è quindi una quota di popolazione che sta oltre la soglia della convenienza economica ad estendere la rete terrestre. Dunque, un’integrazione satellitare gratuita coglie anche questo aspetto. TivùSat è cresciuta non in alternativa ma ad integrazione del digitale terrestre”.
Nessun broadcaster da solo avrebbe avuto la possibilità di realizzare una piattaforma di questo tipo, quindi “la cooperazione di sistema era un’operazione necessaria – aggiunge Balestrieri -. Di qui la nascita di TivùSat, un campo neutro dove tutti possono operare. Se domani Cielo volesse salire a bordo sarebbe il benvenuto”.
Fra le province dove la percentuale di smart card attive è più alta in rapporto al numero delle famiglie ci sono Imperia (19%), Agrigento (16%), Savona e Crotone (15%), La Spezia (14%), Verbano-Cusio-Ossola (13%), Cosenza, Enna, Massa-Carrara, Sondrio (12%), Isernia, Olbia-Tempio, Grosseto, Rieti, Nuoro (11%), Lucca e Catanzaro (10%).
A Milano e Roma sono il 3%. Liguria, Calabria e Molise sono le regioni più servite. “Tivù srl, la società che gestisce TivùSat, è un modello di cooperazione tecnica tra soggetti che, producendo e vendendo servizi a tutti i broadcaster grandi e piccoli, creano le condizioni per una competizione su basi di parità – aggiunge Balestrieri -. Il modello di cooperazione sperimentato con TivùSat è un’indicazione importante per le sfide che l’industria audiovisiva italiana ha in questo momento davanti a sé”. Visto che i broadcaster sono di fronte al terremoto dell’avvento della banda larga, con il televisore che diventa il terminale di più reti, TivùSat sta già lavorando ad un’offerta di servizi di connected tv per i broadcaster. Un’offerta di servizi di piattaforma, per consentire all’industria audiovisiva italiana di rispondere alla sfida dei grandi player tecnologici globali come Google.
“In questo senso, abbiamo recentemente siglato un accordo con Intertrust, titolare di Marlin, per la sperimentazione della declinazione italiana del loro Drm. Nel mondo globale, occorre cogliere la lezione dei distretti industriali, rafforzare la competitività di ciascuno attraverso servizi erogati anche da strumenti di cooperazione tecnica: una politica industriale per il distretto audiovisivo italiano – conclude Balestrieri – che mobiliti le aziende, senza risorse pubbliche che non ci sono, per rafforzare la competitività del sistema”.