Erano 6,6 milioni nel 2019. Ma oggi le TV connesse in Italia sono arrivate a quota 13 milioni e si calcola che nel 2022, quando sarà ultimato il processo di switch al Dvb-T2 (qui la guida CorCom) supereranno i 18 milioni. Una svolta che va di pari passo al consumo di serie Tv e film in streaming: si calcola che attualmente la spesa media per gli abbonamenti ai vari Netflix, Prime e Disney+ sia pari a 24 euro al mese: chi vorrà spendere di più per avere più scelta? Pochi. Si prevede che il modello di business basato solamente sull’abbonamento prima o poi arriverà a saturazione e che il pubblico accetterà sempre di più le interruzioni pubblicitarie se questo consentirà di accedere a più contenuti o risparmiare sull’abbonamento.
La sfida della pubblicità
Una bella sfida per editori, professionisti del marketing e inserzionisti che dovranno vedersela con uno scenario tecnologicamente sempre più complesso dove a farla da padroni sono gli Over the top.
E’ questo lo scenario che analizza Iab Italia che sul tema pubblica un whitepaper, dal titolo “Connected TV”. Una vera e propria guida, si legge nel report, che rappresenta un supporto pratico per gli addetti ai lavori e un mezzo per fare chiarezza su questo nuovo mercato, dalle definizioni corrette del fenomeno, alle sfide fino ad esplorare le opportunità che questa nuova piattaforma sta creando.
Perché se è vero da un lato che serve una “metrica comune” che consenta di definire i risultati delle campagne pubblicitarie nella loro globalità (così da permettere agli investitori di massimizzare il risultato delle loro strategie di marketing) è anche vero che finora le piattaforme OTT “gestiscono in modo totalmente autonomo tutte le loro attività”, sia sul fronte tecnologico sia sull’archiviazione dei dati degli utenti.
I numeri del mercato
Le TV connesse in Italia a settembre 2021 sono circa 15 milioni e vengono utilizzate dal 45% delle famiglie; per due terzi si tratta di smart TV mentre negli altri casi la connessione avviene attraverso chiavette, dispositivi esterni e console. Secondo le stime più accreditate, alla fine del 2022 la penetrazione delle TV connesse dovrebbe raggiungere 18 milioni di famiglie (il 74% del totale). Un ruolo fondamentale nell’accelerazione del fenomeno è svolto dal meccanismo degli incentivi pubblici all’aggiornamento dei televisori.
Gli italiani video streaming addicted?
Insieme alla diffusione delle TV connesse, aumentano anche gli operatori e broadcaster in grado di offrire ogni giorno contenuti fruibili in questa modalità. L’accresciuta percezione di qualità dell’offerta inoltre fa aumentare la propensione alla spesa per i servizi in streaming (attualmente pari a 24 euro/mese), ma non quella a sottoscrivere un numero maggiore di abbonamenti (attualmente 2,3) a causa della difficoltà di scelta dei contenuti dovuta all’eccessiva offerta e delle pratiche amministrative di gestione delle sottoscrizioni. Diverse ricerche, in Italia come nel mondo, ritengono che il modello di business basato solamente sull’abbonamento prima o poi arriverà a saturazione e che il pubblico accetterà sempre di più di essere esposto alla pubblicità se questo consentirà di accedere a più contenuti o risparmiare sull’abbonamento.
Tutti i player in campo
Con la crescita delle TV connesse aumenta anche il numero e la tipologia di operatori sul mercato (produttori di televisioni, OTT, fornitori di tecnologia). A causa della frammentazione degli attori (alcuni dei quali nuovi entranti nel business dell’advertising), dei device di connessione (Smart TV, Console, Stick) e dei relativi diversi identificativi degli utenti, oggi architetture e hardware non sono infatti ancora standardizzati nell’ecosistema CTV con impatti significativi nell’omogeneizzazione dei processi di erogazione e rendicontazione delle campagne. Un primo fondamentale sforzo è quindi quello di garantire la massima “interoperabilità tecnologica” tra sistemi, dati, piattaforme.
L’importanza della misurazione
La crescita dell’advertising sulle CTV sarà fortemente condizionata dall’armonizzazione dei sistemi di misurazione che consentano di quantificare in modo autorevole, indipendente e non autoriferito, non solo l’efficacia dell’advertising sulle TV connesse ma anche interazioni e interdipendenze con gli investimenti sugli altri mezzi in logica total audience, cross-piattaforma e cross-device.
Sarà quindi fondamentale, si legge nel report, trovare una sintesi tra i due mondi “TV e Digital” valorizzando le caratteristiche e criteri di valutazione di entrambi, nella definizione di metriche comuni di rilevazione sia delle audience, sia di AD Verification (Fraud, Viewability, Brand Safety) tipiche di internet.
“La Connected TV è l’unione di due mondi – dice Sergio Amati, Dg Iab Italia –. La TV tradizionale combinata all’evoluzione del mondo digitale. Questo significa avere accesso a una piattaforma in grado di intercettare nuovi pubblici, o persi in precedenza, ma anche una migliore e maggiore connessione con gli utenti, creando un mezzo con un enorme potenziale sia lato inserzionisti che operatori del settore. Proprio perché rappresenta un’enorme opportunità per tutti gli attori è necessario in questa fase formare correttamente e collaborare insieme come industry così da dare vita a un mercato sostenibile e capace di traghettare l’ADV digitale in una nuova era”.
Il tempo speso dagli italiani alla TV smart
Se prendiamo come riferimento le TV Connesse di Samsung in Italia a Giugno 2020 si trascorrevano mediamente 3 ore e 23 minuti al giorno, di cui 1 ora e 47 minuti impiegati nella visione di contenuti lineari e 1 ora e 36 minuti nella visione di contenuti in streaming.
La TV Connessa, per tipologia di contenuti fruiti, fascia oraria prevalente di utilizzo e ubicazione dell’apparecchio nelle abitazioni, evidenza il più alto grado di condivisione rispetto agli altri device; circa il 70% degli utilizzatori dichiara infatti di guardarla insieme ad altre persone e il 35% con più di un individuo.
Il 21% degli utilizzatori dichiara di affiancare sempre un secondo schermo (prevalentemente smartphone) durante la visione della TV Connessa, il 42% di farlo spesso e ben il 62% usa tale secondo schermo per attività correlate ai contenuti visualizzati sulla televisione.
Limite della propensione di spesa
A causa di una serie di fattori, tra cui la probabile contrazione delle disponibilità economiche dovuta alla crisi, le persone si dichiarano molto favorevoli ad essere esposte alla pubblicità per risparmiare sui costi di abbonamento. A fronte di un 12% di abbonati che preferisce pagare pur di non essere disturbato da break pubblicitari, il 47% è favorevole ad interruzioni pubblicitarie pur di avere una riduzione del costo dell’abbonamento e il 41% preferirebbe guardare contenuti totalmente gratuiti ma supportati dalla pubblicità.
Soprattutto se si tratta di pubblicità profilata. L’82% preferisce infatti essere esposto a pubblicità pertinenti rispetto al programma visualizzato, l’80% vorrebbe una profilazione delle ads basata sui propri interessi e hobby e il 67% desidererebbe inserzioni legate a prodotti e servizi recentemente cercati online
I punti deboli di una strategie pubblicitaria
L’impossibilità di utilizzare soluzioni di terza parte (escludendo i pochi editori che lo consentono), si legge nel report, “costituisce una debolezza sia per gli investitori, che non possono verificare trasparenza, erogazione e misurazione, che per gli editori, che non possono qualificare la propria inventory con una certificazione di un misuratore terzo indipendente”.
Inoltre la raccolta di dati relativi agli spettatori e ai comportamenti di fruizione dei contenuti televisivi, consentirà a editori e Produttori/OS/Telco di monetizzare questi dati, anche per finalità differenti dalla semplice erogazione pubblicitaria.
Serve armonizzare le tecnologie
Ma andrebbe anche garantita, si legge nel report, la massima “interoperabilità tecnologica” tra sistemi, dati, piattaforme. A causa della frammentazione degli operatori (alcuni dei quali nuovi entranti nel business dell’advertising), dei device di connessione (Smart TV, Console, Stick) e dei relativi diversi identificativi degli utenti, oggi architetture e hardware non sono infatti ancora standardizzati nell’ecosistema CTV con impatti significativi nell’omogeneizzazione dei processi di erogazione e rendicontazione delle campagne.