PICCOLO SCHERMO

Tv online, anche l’Italia è “a Risiko”

Negli Usa la Tv via cavo perde colpi in favore di quella online. E in Ialia Sky e Mediaset danno vita a Sky Online e Infinity per proteggersi dall’eventuale sbarco di Netflix, che potrebbe cambiare le modalità del consumo anche nel nostro Paese. E anche Anica ha in progetto di sbarcare sul Web con un proprio catalogo

Pubblicato il 15 Mar 2014

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Negli Stati Uniti li chiamano i “cord cutters”, quelli che hanno tagliato il cavo. Cioè che hanno staccato la televisione tradizionale. Nel 2009 erano più di un milione le famiglie che utilizzavano solo Internet per vedere la Tv, dopo il numero è solo salito, con impatti durissimi sul numero di abbonati dei servizi di Tv pay via cavo e satellite. BitTorrent per il download illegale e Netflix per lo streaming on demand nel 2011 hanno per la prima volta fatto decrescere il numero di televisori nelle famiglie americane: da 116 milioni a 114 e mezzo. E il 9% degli abbonati alla tv via cavo ha lasciato il servizio.
L’esplosione della tv via Internet è stata anticipata dai precursori tecnologici, come la produttrice di impianti di rete Cisco che segnalava già dal 2010 come i quattro quinti del traffico di rete diventeranno video. Nonostante questo ha colto di sorpresa un’industria consolidata modificandone alla radice il modello produttivo oltre che distributivo. Con un tweet il presidente Obama ha chiesto di non “spoilerare” (rivelare la trama in anticipo) la nuova stagione di House of Cards, telefilm-capolavoro sulla spietata politica di Washington con Kevin Spacey e Robin Wright, perché il produttore e distributore Netflix mette in rete tutti e 13 gli episodi contemporaneamente. “Questo cambia completamente il modello di fruizione del telefilm, il vero romanzo contemporaneo”, ha scritto sul Corriere della Sera il critico televisivo Aldo Grasso. E cambia anche la geografia dei fornitori di servizi internet avanzati: per poter funzionare a pieno regime Netflix ha dovuto dotarsi, come Apple, Amazon e Google prima di lei, non solo di potenti centri di calcolo ma anche di impianti di connessione alla rete di primaria importanza. Soluzioni estremamente costose equivalenti ai tralicci e ponti radio della vecchia televisione analogica.
Se in America è in corso la rivoluzione della televisione in streaming cosa succede in Italia? “Le pay tv di Sky e Mediaset – dice il ceo di Chili, Giorgio Tacchia – stanno cercando di crescere ma più di tanto non fanno perché c’è il blocco, hanno esaurito il mercato. Per questo, e per proteggersi da altri soggetti come Netflix, nascono le varie Infinity di Mediaset e Sky Online, che prima si chiamava River”.
Sky Online è un progetto portato avanti per due anni, pensata per un pubblico tecnologicamente maturo (la comunicazione recita: “arriva la cura allo stress da buffering”, con riferimento al classico rallentamento della tv in streaming), offre cinema, serie tv ed eventi sportivi recenti su una pletora di canali: Pc, Mac, iPad, alcuni tablet Samsung, smart tv Samsung, Sony Playstation 3 e 4, dall’estate Xbox 360 e One. Solo questo rende l’idea dello sforzo che devono fare gli Over the top per riuscire a raggiungere il loro pubblico. “L’abitudine delle nuove audience – dice Francesca Pasquali, sociologa della comunicazione dell’Università di Bergamo – è quella di guardare il programma preferito quando vogliono loro, dove vogliono loro, come vogliono loro”.
L’offerta di questo tipo di servizi è basata su cataloghi vecchi e nuovi: Mediaset con Infinity pesca un catalogo enorme: “Per questioni di diritti però – dice Chiara Tosato, capo progetto di Infinity – la parte che va dal 2010 indietro pesa molto più che non gli ultimi due anni 2010-2012. Questo fa emergere il fenomeno della long tail nel consumo, caratteristico di questo tipo di fruizione: registi meno conosciuti, generi particolari. La tv basata su canali Tv tradizionali non ha la stessa ampiezza di scelta: ogni sera 4 canali fanno il 70-80% dell’audience con 4-8 programmi. L’on demand spalma l’audience su una coda lunga di nicchie”. Anche l’Anica, associazione delle industrie cinematografiche, si prepara alla nuova era con “Anicaondemand” piattaforma per l’acquisto di film. Il sistema di pagamento ruota attorno a due punti chiave: abbonamenti per avere accesso ai cataloghi e affitto/acquisto di singoli prodotti. Tutti tranne Chili: “Non chiediamo un abbonamento – dice Tacchia – né un costo di attivazione. Si paga per quello che si vede. E il catalogo è fatto di novità. Anziché 9 euro al mese di abbonamento che poi nessuno sfrutta, noi offriamo film da 2,99 fino a 5,99. Questo vuol dire che in un mese si possono guardare tre film per 9 euro senza problemi”.Nel futuro ci sono alcune incognite. Negli Usa Google e Amazon spingono per acquistare un ruolo maggiore. E se la cinese Htc chiude la sua tv pensata per i suoi apparecchi elettronici, Garry B. Trudeau, autore della strip giornaliera Doonesbury osannata dalla critica, sta lavorando da un anno a una serie tv per Amazon. Apple, che ha aperto la strada con il modello di noleggio e vendita di film e serie tv di iTunes (il primo anche in Italia) da tempo gioca con l’idea di presentare una sua “nuova” Apple Tv, mentre il suo piccolo media extender, definito “un hobby” da Steve Jobs, è diventato un fenomeno da alcuni miliardi di dollari l’anno. I produttori di apparecchiature per l’intrattenimento, cioè le Sony le Samsung e le Microsoft, stanno cercando di aggiungere contenuti acquistati da loro o da fornitori terzi. Sulle smart Tv oppure nelle console per videogiochi. È stata definita la battaglia per la conquista del soggiorno di casa: un vincitore ancora non è emerso.

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