La principale frontiera di evoluzione del broadcasting televisivo è costituita dalla sua crescente contiguità e poi integrazione con l’ambiente Internet-video e cioè con l’ambiente broadband. Questa progressiva integrazione produce sull’intera filiera tv – dalle reti ai terminali, dai modelli distributivi e di consumo alle culture delle imprese e degli utenti – radicali trasformazioni che oggi possiamo solo intuire parzialmente. Lo stato di questa integrazione potrebbe essere definito oggi come “primordiale”, caratterizzato cioè da sistemi ancora rudimentali che provano, senza ancora riuscivi, ad “aprire” il televisore e dunque la tv, scardinandone l’assetto chiuso. Finanche il primo ciclo di digitalizzazione – culminato nel passaggio alla tecnica digitale della rete terrestre – ha permesso al sistema tv di mantenere tutto sommato invariato il suo assetto storico.
Il secondo ciclo – quello attuale, caratterizzato dall’ascesa di Internet come ambiente pienamente audiovisivo – mina alla base proprio gli assetti storici del sistema. Si pensi alla prominence blindata dei canali (il loro ordinamento garantito dalla Lcn) messa oggi in discussione dalle nuove Epg o dai sistemi di accesso alla Tv o si pensi alla progressiva diluzione della distinzione, ormai obsoleta, fra lineare e non-lineare: Netflix è un canale tv a tutti gli effetti, con una programmazione che ha anche valenza lineare. Si pensi ai consumi tv da piattaforme diverse dal televisore (smartphone, tablet e pc) o alle offerte sempre più audiovisive e dunque tv di tanti “quotidiani” online che assomigliano sempre più a canali Tv allnews.
Siamo solo agli inizi di un secondo ciclo di digitalizzazione del sistema tv che non potrà non compiersi se non con rotture significative e traumatiche degli assetti storici del mercato. Nulla potrà evitare che le offerte tv subiscano lo stesso destino delle offerte editoriali grafico-testuali e musicali che hanno visto l’ascesa di potenti indicizzatori di contenuti (i motori di ricerca) e di utenti (i social network), di grandi library e sistemi di organizzazione meta-editoriali. Sono queste le funzioni tipiche della nuova base tecnica che costituisce il terreno di crescita del sistema degli audiovisivi di Rete che inghiotte la tv storica. Ne abbiamo ancora segnali tutto sommato deboli ma significativi: ad esempio, la progressiva diminuzione del numero dei televisori nelle “camerette dei ragazzi”; il numero di individui che consuma via mobile importanti eventi e contenuti audiovisivi etc.
Tuttavia, se si considera il tempo dedicato dagli individui ai consumi audiovisivi online (Internet-video) è facile notare come la maggior parte di tale tempo sia dedicato al prodotto storico e cioè Tv-based, cioè generato dagli editori storici del sistema audiovisivo: programmi Tv e film. Su 23 minuti dedicati in media nel 2013, da uno statunitense adulto (18-64 anni) al consumo di video via Internet, ben 16 sono dedicati appunto al consumo di film e programmi di natura propriamente televisiva. I rimanenti 7 minuti sono dedicati al consumo di contenuti amatoriali e di video clip prodotti professionalmente. Se si confrontano i dati con quelli degli anni precedenti, si nota come il tempo dedicato al prodotto Tv-based è in forte crescita sia in valori assoluti che proporzionali sul totale tempo di consumo. Risultato: da Internet si guarda la Tv.
Ma cosa accade se il sistema televisivo essenzialmente composto dal prodotto di qualità, che è sistema di creazione di talenti e di programmi, perde capacità produttiva e vitalità? Cosa succede se non riesce ad essere più dinamico e ad attrarre risorse economiche da investire in produzione? Questo è il rompicapo evolutivo dei sistemi tv europei o meglio, dei sistemi produttivi nazionali europei. Ed è dunque la sfida dei broadcaster che sono i primi attori.
La disarticolazione degli assetti storici della Tv come giardinetto chiuso (walled garden) derivante dall’ascesa di Internet non allontana il pubblico dal prodotto tv ma allontana risorse dalla produzione tv in un circolo vizioso che vedrà il prodotto nazionale perdere progressivamente capacità di rinnovarsi. Questo, infatti, è nato e cresciuto in un ambiente in cui l’offerta di contenuti importati finanziava la produzione originale alimentando una catena del valore direttamente costruita su base territoriale. La nuova catena del sistema integrato degli audiovisivi di rete vede uno spostamento verso ambienti globali premianti per il contenuto non di produzione nazionale. Se non si riesce a sciogliere in modo virtuoso questo nodo e cioè il nodo del rapporto fra vitalità dell’industria televisiva nazionale e sviluppo del secondo ciclo di digitalizzazione del sistema, la decadenza dell’industria dei contenuti audiovisivi sarà cosa certa e rapida.