Entra in vigore da oggi la nuova legge europea a difesa della
privacy online che bandisce i cookies, ma che lascia le aziende in
una situazione di incertezza. La normativa mette infatti fuori
legge il sistema per raccogliere informazioni su chi visita i loro
siti web, a meno che non abbiano ottenuto il consenso degli utenti.
Ma le aziende protestano: l’Ue non sarebbe stata chiara su come
ottenere questa autorizzazione da parte dei consumatori. E intanto
sono previste per i trasgressori multe salate: per esempio, fino a
a 500mila sterline nel Regno Unito.
In realtà la stragrande maggioranza dei Paesi europei, a parte
Gran Bretagna, Danimarca ed Estonia, ha ignorato la direttiva Ue
nonostante abbiano avuto due anni a disposizione, nota Jonathan
Todd portavoce dell'Agenda digitale. Mettendo in luce che in
realtà, al di là delle dichirazioni di principio, la protezione
della privacy è un problema poco sentito.
Particolarmente preoccupate le web companies come Facebook e
Google, che vedono il proprio business a rischio a causa della
nuova legge, nonché gli inserzionisti, che temono che il mercato
della pubblicità online mirata – vale 100 milioni di sterline
l’anno nel solo Regno Unito – possa essere danneggiato.
Ma la normativa, spiega oggi il Financial Times, tocca tutte le
aziende che operano tramite un sito Internet, sia vendendo prodotti
sia pubblicando ads. I cookies possono segnalare quali articoli
l’utente mette nel carrello della spesa, o quali pagine visita,
mandando le informazioni alle società della pubblicità. La
maggior parte dei siti ha una decina o ventina di cookies, ma le
grandi corporation con diversi siti ne hanno centinaia o migliaia
attivi.
In Gran Bretagna, il governo ha cercato di placare le
preoccupazioni delle aziende, garantendo una soluzione
“business-friendly” e concedendo un anno di tempo per adeguare
i siti Internet. "Siamo consapevoli che i navigatori di
Internet sono preoccupati per la loro privacy online ma sappiamo
anche che i cookies hanno un ruolo importante nella gestione di
Internet”, ha dichiarato il ministro delle Comunicazioni Ed
Vaizey.
Tuttavia, Peter Gooch, esperto di privacy della Deloitte, nota che
poche compagnie hanno già avviato dei progetti per modificare i
loro siti. “Non ho visto nessuna grande azienda definire una
strategia, la maggior parte resta alla finestra. Il timore è di
adottare una soluzione che scontenti i consumatori e danneggi
l’immagine o il business aziendale”, dice Gooch.
“Le linee guida prodotte dallo Uk Information Commissioner’s
Office creano più domande che risposte”, secondo Andreas Edler,
managing director di Hostway, società che fornisce servizi
Internet a piccole imprese. “Non è chiaro quali cambiamenti
occorre apportare per adeguarsi alla normativa”.
“Ottenere il consenso degli utenti è difficile”, aggiunge Ben
Cooper, direttore di Tullo Marshall Warren, agenzia di digital
marketing. “Appena si comincia a chiedere il consenso, i
consumatori pensano che le compagnie stanno per fare qualcosa di
sbagliato. Occorrerà trovare modi nuovi di farsi dare
l’autorizzazione degli utenti a usare i cookies”, conclude
Warren.
Il governo britannico ha formato un gruppo di lavoro insieme ai
produttori di browser per studiare una possibile soluzione basata
sui programmi per la navigazione Internet. Microsoft's IE9 e
l’ultima versione di Mozilla Firefox già offrono un’opzione
che protegge gli utenti dalla raccolta dei loro dati e Google sta
integrando un’analoga tecnologia “Do Not Track” al suo
browser Chrome.
L’impostazione all’interno del browser che permette
all’utente di scegliere se attivare o no il tracking appare come
la soluzione più sensata: altre vie esistono, spiega il Financial
Times, ma sembrano meno praticabili, come l’uso dei pop-up per
chiedere di volta in volta il consenso degli utenti – si
finirebbe con un bombardamento di finestrelle nel corso della
navigazione, tanto che i siti di ecommerce hanno già bocciato
questa proposta.