Agcom non torna indietro e prima di prendere una decisione sulla partecipazione di Vivendi in Mediaset, congelata di circa due terzi delle quote a causa dell’intreccio con Tim, aspetta che si esprima il Tar. Il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha proseguito l’esame della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (nella quale i giudici si esprimevano a favore di Vivendi ritenendo illegittimo anche l’impedimento dell’accesso e il voto in assemblea ai francesi). “Alla luce degli approfondimenti giuridici svolti, ha espresso l’avviso che, allo stato, non vi siano le condizioni per adottare decisioni di qualsivoglia natura in ordine alla delibera (con cui aveva congelato la quota, ndr) prima che sia intervenuta la pronuncia del Tar del Lazio”.
Il Consiglio ha infatti rilevato che la sentenza pregiudiziale pronunciata dalla Corte di Giustizia definisce “una fase incidentale del processo pendente dinanzi al Tar del Lazio e si rivolge al giudice nazionale e non direttamente alle parti, per cui essa non pone un problema di esecuzione in senso tecnico”.
“Ciò che andrà eseguito è invece la sentenza del Tar del Lazio, cui spetta dare attuazione alla pronuncia della Corte di Giustizia. Peraltro, rimane incerto quale potrà essere l’effetto conformativo della sentenza del giudice amministrativo”, conclude Agcom in una nota.
La sentenza della Corte di Giustizia europea
Lo scorso 3 settembre la sentenza della Corte di Giustzia europea dà ragione a Vivendi nella battaglia legale in corso contro Mediaset sulla compatibilità delle norme italiane in materia radiotelevisiva, in particolare dell’articolo 43 della legge Gasparri, il cosiddetto Tusmar, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, con le normative Ue. “La disposizione italiana che impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset – recita la sentenza – è contraria al diritto dell’Unione”. Nello specifico, tra i vari ricorsi messi in campo, Vivendi aveva impugnato davanti al Tar la delibera dell’Agcom basata sulla normativa italiana che imponeva ai francesi di congelare la propria quota in Mediaset sotto il 10%. “La disposizione di cui al procedimento principale ha ristretto la libertà di Vivendi di stabilirsi in Italia, impedendole di influire maggiormente sulla gestione di Mediaset mediante un’acquisizione di partecipazioni superiore a quella che essa aveva previsto. Essa costituisce quindi una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 Trattato di funzionamento dell’Ue”.
Vivendi era stata protagonista di una scalata nel capitale di Mediaset alla fine del 2016, con una presenza che era arrivata al 28,8% del capitale sociale del biscione. Circostanza che aveva portato Mediaset a ricorrere all’Agcom con la motivazione che la posizione di Vivendi violasse le norme italiane a difesa del pluralismo dell’informazione, dal momento che i francesi detenevano già una quota rilevante in Tim. Nell’aprile 2017 Agcom aveva così messo Vivendi di fronte alla scelta di congelare sotto al 10% la propria presenza in Tim o in Mediaset, e vivendi aveva optato per Mediaset, trasferendo a Simon Fiduciaria il 19,19% di Mediaset, impugnando però contemporaneamente la delibera Agcom al Tar del Lazio. I giudici amministrativi avevano così chiesto alla Corte di Giustizia Ue lumi sulla compatibilità delle norme italiane con l’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativo alla libertà di stabilimento.