Web Tv, YouTube “immune” alle norme Agcom

I siti Internet che non selezionano ex ante i contenuti non sono soggetti al regolamento dell’Authority: il ministro Vito chiarisce al question time alla Camera. Nessuna assoggettabilità al regolamento anche per Vimeo e Dailymotion

Pubblicato il 13 Gen 2011

I siti internet privati, i motori di ricerca e i servizi basati su
contenuti generati dagli utenti privati, come Youtube, "sono
esclusi" dal regolamento sui servizi media audiovisivi a
richiesta varato dall'Agcom, tranne nel caso in cui
"sussistano congiuntamente sia la responsabilità editoriale
sia lo sfruttamento economico". Lo ha detto ieri il ministro
per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito, rispondendo nel corso
del question time alla Camera a un’interrogazione di Flavia
Perina (Fli) sul rischio censura per i siti con contenuti
audiovisivi nel caso in cui vengano sottoposti alla stessa
disciplina prevista per la tv.

"Il ministero dello Sviluppo economico fa presente che i siti
che non selezionano ex ante i contenuti generati dagli utenti, ma
effettuano una mera classificazione dei contenuti stessi, non
rientrano nel campo di applicazione della norma – ha detto il
ministro – In ogni caso il Governo ribadisce il proprio impegno a
favorire lo sviluppo del mercato dei servizi di media audiovisivi a
richiesta tenendo in stretta considerazione le tematiche
rappresentate nella sua interrogazione, anche in sede di
recepimento delle nuove direttive di comunicazione
elettronica", dice Vito, aggiungendo che la responsabilità
editoriale è da intendersi come un controllo effettivo sia sulla
selezione dei programmi, sia sulla loro organizzazione in un
palinsesto cronologico.

"Soddisfatta" Flavia Perina: "Vito – afferma la
deputata Fli – ha espressamente escluso l’assoggettabilità di
YouTube, Vimeo e Dailymotion alla nuova regolamentazione.
Un’interpretazione opposta avrebbe conseguenze molto pesanti per
lo sviluppo della rete nel nostro Paese, sia in termini di libertà
degli utenti, che a causa di una regolamentazione troppo pesante
potrebbero vedersi interdetti servizi liberi nel resto del mondo,
sia in termini di libertà economica degli operatori, i quali
potrebbero trovare non pi profittevole la presenza in Italia. Ha
prevalso la linea politica più ragionevole: un’Italia che
ponesse filtri a YouTube sarebbe più simile alla Cina o alla
Bielorussia che all’Europa Occidentale".

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