IL PROCESSO

Caso Cantone, Facebook resta nell’occhio del ciclone

Il gip di Napoli archivia le posizioni dei sei indagati, ma dispone ulteriori accertamenti sulla gestione dei contenuti da parte del social network. Marazzita, avvocato della madre di Tiziana: “Facebook fu diffidato ma non fece nulla”

Pubblicato il 12 Apr 2017

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Archiviazione per i sei indagati e nuovi approfondimenti sulle responsabilità di Facebook. Sono queste le richieste del giudice per le indagini preliminari di Napoli nell’ambito del procedimento avviato a fine 2015 per il caso di Tiziana Cantone, la 31 enne campana suicidatasi a settembre scorso dopo la diffusione di un suo video hot in Rete.

Tiziana aveva querelato un gruppo di ragazzi responsabili, a suo dire, della diffusione dei video sul web. La procura partenopea non ha però trovato elementi che dimostrassero la responsabilità degli indagati e invece ha aperto un altro fascicolo per calunnia a carico dell’ex fidanzato di Tiziana, Sergio Di Palo, ipotizzando che fosse stato lui a convincere la ragazza a indicare i querelati come i responsabili della diffusione on-line dei video incriminati. Il magistrato ha disposto inoltre un supplemento di indagine chiedendo alla procura di verificare eventuali responsabilità del legale rappresentante di Facebook Italia.

“Davanti al giudice ho sostenuto la necessità di accertare eventuali responsabilità di Facebook – spiega Giuseppe Marazzita, avvocato penalista di Teresa Giglio, madre di Tiziana Cantone -. Anche perché il calvario di Tiziana è iniziato proprio quando ha visto il suo nome sul social associato ai suoi video pubblicati su siti porno soprattutto americani. Se quei video fossero stati immessi solo su questi siti, senza alcun collegamento con una piattaforma così diffusa come Facebook, probabilmente lei non ne avrebbe saputo nulla. E in ogni caso Facebook fu diffidato ma non fece nulla”.

La vicenda della Cantone ha già coinvolto direttamente Facebook. Lo scorso novembre il Tribunale Civile di Aversa aveva infatti bacchettato la multinazionale americana proprio perché non aveva rimosso le pagine che rinviavano ai video della Cantone dopo la diffida presentata da quest’ultima. Per i giudici la diffida era vincolante, mentre la società si era difesa spiegando di non aver rimosso le pagine perché non aveva ricevuto alcun ordine del giudice o del Garante per la privacy, ritenendo dunque che la diffida di Tiziana non avesse alcun valore giuridico.

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