Per 8 ragazzi su 10 non è grave insultare ridicolizzare o rivolgere frasi aggressive sui social. Gli attacchi verbali in rete non sono considerati gravi perché non vi è violenza fisica. La maggior parte, 7 su 10, prende di mira l’aspetto fisico, l’abbigliamento e i comportamenti della vittima, convinti che il malcapitato non avrà alcuna conseguenza dagli attacchi. Sono sempre 7 su 10 quelli che non giudicano grave pubblicare immagini non autorizzate che ritraggono la vittima.
Questa la fotografia del cyberbullismo come emerge dalla ricerca dell’Università la Sapienza presentata in occasione del via al progetto “Giovani ambasciatori contro il bullismo e il cyberbullismo per un web sicuro“, organizzato dal Moige con la Polizia di Stato, insieme alla Fondazione Vodafone Italia e Trend Micro per un uso responsabile della rete.
Dai dati della ricerca emerge l’immagine di ragazzi molto poco consapevoli delle regole della rete, degli effetti di comportamenti aggressivi, dell’impatto sulla vittima, di quanti possono accedere e per quanto tempo a tali materiali. La ricerca, condotta su 1.500 ragazzi delle Scuole Secondarie di primo e secondo grado, rileva un generale atteggiamento di sottovalutazione degli effetti dei comportamenti in rete.
L’82% non considera grave insultare, ridicolizzare o rivolgere frasi aggressive sui social. L’86% ritiene che le conseguenze per la vittima non siano gravi e che, considerato che non si dà luogo a violenza fisica diretta, l’atto aggressivo verbale può essere considerato non grave e irrilevante.
Il 76% dichiara che insulti o frasi aggressive riguardano l’aspetto fisico, l’abbigliamento, i comportamenti. Il 71% dichiara che la vittima non avrà alcuna conseguenza dagli attacchi. Il 68% dichiara che non è grave pubblicare immagini, senza autorizzazione, che ritraggono la vittima. Gli insulti ripetuti o la pubblicazione di immagini lesive sono ritenuti leciti perché ritenuti circoscritti ad un ristretto numero di persone che ne avrebbero accesso.
I temi sui quali le condotte aggressive si concentrano riguardano: l’aspetto fisico, comportamenti di chiusura, di timidezza, elementi di non aggregazione a gruppi forti, l’abbigliamento, la scarsa disinvoltura, la carenza di coraggio, la non propensione verso le trasgressioni, aspetti che riguardano la religione, condotte aderenti alle regole, dipendenza da genitori, il “mostrarsi paurosi”. Inoltre: le condotte definite “da bambino”, non da giovane “Smart” sono particolarmente ridicolizzate. I meccanismi dell’aggressione in rete evidenziano la particolare insistenza ed il compiacimento nell’esporre la vittima, accanto ad una assenza di empatia e di incapacita’ di percepire conseguenze ed effetti: sembra che il mondo virtuale si configuri come caratterizzato dalla possibilita’ di conferire liceita’ ad ogni comportamento.
Il progetto di prevenzione ‘Giovani ambasciatori contro il bullismo e il cyberbullismo per un web sicuro’, coinvolgerà 40.405 studenti e più di 80.000 tra docenti e genitori, presenti in 114 scuole medie di 15 regioni. Con attività educational interattive, materiali didattici e open day sarà promossa una maggiore consapevolezza delle problematiche legate all’utilizzo improprio del web. L’azione di sensibilizzazione e di prevenzione si realizzerà attraverso interventi formativi e informativi: tra cui piattaforma educativa, kit didattico e app.
La Polizia Postale aggiunge che nel 2016 sono stati 235 i casi di minori vittime di cyberbullismo. Le indagini hanno portato alla denuncia di 31 minori. In particolare 8 i casi di stalking che hanno portato alla denuncia di un minore; 42 i casi di diffamazione on line con 11 minori denunciati; 88 i casi di ingiurie minacce e molestie on line con 6 denunce; sono stati 70 i casi di furto di identità digitale sui social con 3 denunciati; 27 quelli di diffusione di materiale pedopornografico con 10 denunciati.