IL CASO

Operazione pulizia per i social: Facebook e Twitter bannano centinaia di account

La piattaforma di Zuckerberg rimuove 650 profili. Il microblogging 284. Si sospetta una “manipolazione coordinata” in vista delle elezioni di mid-term. Allertati il governo Usa e quello britannico

Pubblicato il 22 Ago 2018

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Operazione “pulizia” per i social networkFacebook ha individuato e rimosso centinaia di nuovi profili considerati falsi e implicati in comportamenti considerati di “disturbo” in vista delle elezioni di midterm negli Stati Uniti il prossimo novembre. Twitter ha invece sospeso 284 account, molti dei quali sembrano essere originati in Iran, con il sospetto di “manipolazione coordinata”.

Facebook, nello specifico, ha fatto sapere che si tratta in tutto 652 fra pagine, gruppi e profili e alcuni di questi sono originati in Iran e Russia. La loro attività sospetta è legata ad una “condotta non autentica coordinata” che comprende la condivisione di materiale a sfondo politico.

Elementi sufficienti per indurre il social network ad intervenire con tempestività, dopo la debacle della scorsa stagione elettorale fra scandali per le falle su sicurezza e privacy (il caso Cambridge Analytica in testa) e i sospetti di interferenze guidate da Mosca per influenzare le elezioni americane del 2016. Memone dello scandalo, Facebook è corso subito ai ripari, spiegando di non aver ancora concluso le analisi del materiale; non sono stati però forniti dettagli sui motivi individuati alla base dei comportamenti giudicati a rischio.

Facebook ha annunciato di aver informato il governo degli Stati Uniti e quello britannico, oltre a contattare nello specifico il dipartimento Usa del Tesoro e il dipartimento di Stato alla luce delle sanzioni al momento imposte all’Iran.

La decisione di rimuovere pagine e account presa nelle scorse ore è frutto di quattro inchieste, tre riguardanti l’Iran e una la Russia. In un caso ha riguardato un gruppo denominato “Liberty Front Pres” cui fanno capo diversi account su Facebook e Instagram con circa 155mila follower.

Il gruppo – ha affermato Facebook – stando alle registrazioni del sito e agli indirizzi IP e degli amministratori risultava legato a media di Stato iraniani, con i primi account creati nel 2013 e con contenuti su Medio Oriente, Regno Unito e Usa. Dalle analisi condotte non sembra che l’obiettivo del gruppo fosse influenzare le elezioni di midterm, sebbene “non si esclude che tentativi in questo senso possano essere stati fatti”. Altri due gruppi sono stati segnalati con legami all’Iran, mentre un quarto – che avrebbe tentato di influenzare su Siria e Ucraina – era legato a fonti che secondo Facebook gli Usa considerano legati all’intelligence militare russa.

Il social sta inoltre rimuovendo  oltre 5mila opzioni di targetizzazione, quelle cioè che permettono agli inserzionisti di raggiungere con i propri annunci un pubblico più mirato, per evitare che queste vengano utilizzate per fini discriminatori.

“Queste opzioni sono state utilizzate in modi legittimi per raggiungere persone interessate a certi prodotti o servizi, ma pensiamo che minimizzare il rischio di abuso sia più importante”, si legge nel comunicato. La misura preventiva adottata prevede quindi una limitazione della possibilità per gli inserzionisti di escludere fasce di pubblico collegate all’appartenenza etnica o alla religione.

Proprio il tema della rimozione degli account è al centro dello scontro tra Donald Trump e i social. Nei giorni scorsi il presidente Usa aveva duramente criticato questa pratica.

“Non faccio nomi – ha detto Trump – ma voglio sottolinerare che che quando bannano certi personaggi dai social è una cosa pericolosa: il prossimo potresti essere tu”. 

Via Twitter Trump aveva attaccato i social media “colpevoli” di discriminare le voci repubblicane e conservatrici. Il riferimento era alla decisione di Facebook, Apple e YouTube di rimuovere alcuni contenuti pubblicati da Infowars, un sito web gestito dal teorico della cospirazione Alex Jones. Anche l’account Twitter di Jones era stato temporaneamente sospeso il 15 agosto.

Ma il ceo di Twitter, Jack Dorsey, aveva spiegato alla Cnn che il microblogging non sospende gli utenti giudicando i loro punti di vista politici ma solo per la violazione delle condizioni d’uso del servizio.

Ovviamente, ha puntualizzato, “abbiamo bisogno di mostrare costantemente che non stiamo appesantendo i nostri giudizi di partenza che, lo ammetto, guardano più a sinistra. Ma la vera domanda da farsi è: stiamo intervenendo facendoci influenzare dalle ideologie politiche o i punti di vista? No, non lo stiamo facendo. Fine”.

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