CROCIATA ANTI-SILICON VALLEY

Facebook & Co. pressing su Washintgon, spesa record per le lobby

Ammontano a 13 mln di dollari in tre mesi i costi sostenuti dalle big del web (oltre a Facebook, Google, Amazon, Apple e Uber) per proteggere i propri interessi su antitrust, net neutrality, pubblicità, fisco, immigrazione. Congresso e Casa Bianca sono decisi a regolare i colossi di Internet sulle ads politiche e a intervenire sullo “strapotere di mercato”

Pubblicato il 25 Ott 2017

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L’ostilità di Washington verso i giganti dell’hitech è costata a Facebook, Google, Amazon, Apple e Uber più di 13 milioni di dollari negli ultimi tre mesi in azioni di lobby verso le autorità federali. Le Internet companies cercano di ottenere politiche più favorevoli su temi che vanno dall’antitrust alla net neutrality fino a fisco e immigrazione. Apple e Uber sono le aziende che hanno incrementato di più la spesa, ma Facebook, Google e Amazon sono quelle che hanno sborsato di più in risposta ai recenti attacchi bipartisan arrivati da Washington: molti politici chiedono di arginare lo “strapotere” delle tech companies e il loro “monopolio” su interi settori economici (a partire dall’advertising) capace di influenzare anche la vita politica e sociale americana, come dimostrato dalla diffusione delle fake news su Facebook durante la campagna presidenziale del 2016. Non a caso, tra le richieste delle autorità federali c’è quella di un più severo obbligo di comunicazione finanziaria sulle ads politiche vendute sulle piattaforme Internet.

Proprio Facebook ha speso 2.85 milioni di dollari per fare lobby al governo federale nel trimestre che si è chiuso il 30 settembre, un aumento del 41% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo i documenti ufficiali visionati dalle testate americane (le aziende hanno l’obbligo di disclosure sull’attività di lobby). Parte di questi fondi sono stati utilizzati per fare pressione su rappresentanti del Congresso e della Casa Bianca sui temi della pubblicità online, dei contenuti su Internet e della trasparenza: Facebook, desiderosa di lasciarsi alle spalle la vicenda delle fake news e delle inserzioni politiche comprate dall’estero che hanno di fatto creato una campagna di disinformazione negli Stati Uniti, ha dichiarato pieno sostegno alle iniziative del legislatore e intanto ha annunciato che prenderà autonomamente delle misure per migliorare la trasparenza delle ads.

Google ha speso 4,7 milioni di dollari in attività di lobby nel terzo trimestre, un aumento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2016. Anche in questo caso è stata pressante l’azione svolta verso Congresso e Casa Bianca per influenzare la regulation sulla pubblicità online, ma Google cerca di proteggere i propri interessi anche su temi come il programma Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA), introdotto dal presidente Barack Obama per regolarizzare i bambini arrivati illegalmente negli Stati Uniti e cancellato da Donald Trump a settembre. A Google non piacciono nemmeno i divieti di ingresso da una lista di paesi musulmani voluti da Trump, la riforma fiscale e le norme antitrust. Tra tutte le aziende americane, di qualunque settore, Google è quella che ha speso lo scorso trimestre di più per fare lobby dopo At&t (4,43 milioni; la telco sta investendo pesantemente perché aspetta ancora la revisione federale della sua acquisizione di Time Warner, un’operazione da 85 miliardi di dollari).

Amazon ha investito per fare lobby 3,4 milioni di dollari lo scorso trimestre (+26%), una cifra record per il colosso dell’e-commerce che fa pressione soprattutto sui temi antitrust alla luce dell’acquisizione di Whole Foods. L’operazione è stata già approvata senza problemi dalle autorità sulla concorrenza di mercato ma di recente il deal è stato oggetto di attacchi sia a Washington che in Silicon Valley da parte di politici e imprese che hanno chiesto al governo un più attento scrutinio sulle piattaforme Internet “dominanti” che potrebbero sfruttare in modo sleale il loro potere economico. Amazon ha fatto lobby anche su DACA, guida autonoma e riforma fiscale.

Anche Uber e Apple hanno accresciuto la loro spesa per l’azione di lobby negli scorsi tre mesi. La Mela ha sborsato 1,86 milioni, un incremento del 73%, rivolgendosi soprattutto a temi come DACA, net neutrality, riforma delle imposte sul reddito aziendale e lotta al cambiamento climatico. Uber ha dedicato 510.000 dollari, +50%, all’azione di lobby a livello federale: i temi su cui ha fatto pressione sono soprattutto guida autonoma e regolamentazione sulla gestione dei dati.

In controtendenza Twitter e Microsoft, la cui spesa per le lobby a Washington è scesa nel terzo trimestre 2017 rispetto al terzo trimestre dell’anno scorso, ma è possibile che Twitter investa di più nei prossimi mesi, visto che, insieme a Facebook e Google, è al centro di un’indagine federale sull’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016 tramite ads e troll sulle piattaforme online – una questione che Capitol Hill sta prendendo molto sul serio: in Congresso è appena stata presentata una proposta di legge, il cosiddetto Honest Ads Act, che introduce una severa vigilanza sulle inserzioni politiche.

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