FISCO

“L’Iva solo per le Internet company”. Boccia rilancia sulla web tax

Il presidente della commissione Bilancio della Camera: “Contrario all’aumento dell’imposta sul valore aggiunto. Piuttosto serve far pagare le multinazionali del web”. Intanto il governo studia forme di tassazione ad hoc: Padoan a lavoro su studi di settore anche per Google & Co.

Pubblicato il 18 Apr 2017

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“Fermamente contrario ad un aumento dell’Iva nella prossima manovra. Piuttosto serve una web tax per farla pagare a chi non la paga: alle multinazionali del web che fanno profitti in Italia e continuano ad eludere il nostro fisco”. Così Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera nel corso di alcune iniziative pubbliche in Puglia tra Canosa e San Ferdinando in vista delle primarie aperte del 30 aprile.

“Parliamo – spiega – di una base imponibile di almeno 32 miliardi che significa dai 4 ai 6 miliardi di Iva evasa. Ci sarà un motivo se il procuratore di Milano Greco, la Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, fanno accertamenti su chi si appiglia al mito internettiano della “non stabile organizzazione” e poi patteggia e paga. Noi vorremmo che pagassero prima, il giusto e quotidianamente come ogni contribuente o impresa italiana. Se dobbiamo discutere di Iva, allora discutiamo delle aliquote in Europa e dei diversi pesi tra le differenti fasce; ma continuare a ipotizzare l’aumento dell’Iva ordinaria è un errore gravissimo. Di sicuro, l’aliquota ordinaria non si tocca e non si può toccare e chi lo pensa non è mai entrato in una media azienda italiana o non sa come vive una famiglia media”, conclude Boccia.

Il cantiere sulla web tax è comunque aperto. Il governo starebbe infatti valutando la possibilità di varare una forma di tassazione della web company. L’apertura è arrivata in occasione dell’ultima assemblea dei deputati Pd nella quale il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si sarebbe detto favorevole alla webtax.

Una delle ipotesi sul tavolo potrebbe essere quella di costruire un meccanismo di tassazione sui dati raccolti e i profili degli utenti delle grandi piattaforme sulla rete con un metodo di misurazione statistica dei consumi effettuati, una sorta di studio di settore dell’economia digitale.

In realtà, una road map Padoan la aveva già delineata nel giorno della presentazione dei risultati della lotta all’evasione conseguiti dall’agenzia delle Entrate nel 2016., anticipando che il tema sarebbe stato sul tavolo del G7 di Bari, in programma a maggio.

E ancora, a febbraio davanti alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato, il ministro si era detto favorevole ad affrontare il tema della tassazione dei colossi del digitale. “Il governo è impegnato a esplorare canali come la web tax”.

“Ritengo che sia un’area assolutamente indispensabile da esplorare ma complessa per ragioni sia politiche che tecniche”, ha spiegato Padoan sottolineando che dal punto di vista politico “una tassa simile sarebbe ottimale se adottata da più paesi almeno a livello europeo e dal punto di vista tecnico ci sono problemi non semplici nell’individuazione della base imponibile e di conseguenza nell’adozione di misure pratiche”.

Anche il direttiore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, ha più volte rilevato la necessità di una forma di tassazione. “E’ un tema assolutamente complicato ma io condivido assolutamente dal punto di vista personale la necessità di una modifica strutturale della tassazione di questi mondi – spiegava nel corso di un’audizione alla Camera dei deputati – Un tema complesso perché significa molte cose e affronta mondi diversi”.

In generale, secondo Orlandi, “la digitalizzazione del processo produttivo e la delocalizzazione degli utili pone problemi” e per risolverli “occorre una riflessione innovativa perchè il tema pone in discussione forse i cardini stessi del diritto tributario e il concetto stesso di reddito”. “Potremmo anche trovare una soluzione unilaterale” ha aggiunto “ma questo ci pone in difficoltà con tutti gli accordi internazionali”. In ogni caso “occorre trovare una soluzione – concludeva Orlandi – e su questo l’Agenzia con le conoscenze che ha è a disposizione dal punto di vista tecnico”.

Assist alla web tax anche da parte del Procuratore capo di Milano. In audizione al Senato Francesco Greco ha evidenziato la necessità di combattere l’elusione fiscale delle multinazionali attraverso “la tracciabilità dei flussi finanziari, delle merci, dei bit” e al tempo stesso “varare una normativa seria che incentivi l’uso della moneta elettronica e che ponga fine all’uso del contante in Italia”.

“La tracciabilità delle merci ha due punti di controllo che sono le dogane e i magazzini di stoccaggio che sono verificabili” mentre “la tracciabilità dei bit implica la collaborazione dei gestori”, ha spiegato Greco.

Il profitto di questi gruppi “non è allineato a quella dei normali commercianti”, ha aggiunto Greco, spiegando poi che gli “accertamenti” come quello su Apple, “ha riguardato solo la grande distribuzione” e “non le transazioni retail online che sono il 50% del ricavato” di questi colossi del web perché ci sono “grandi problemi in termini di accertamento”. Il Procuratore capo di Milano ha sottolineato che “nel mondo non è stata ancora trovata una soluzione omogenea” nell’affrontare la tassazione sul web, evidenziando anche la concentrazione di potere che hanno queste grandi multinazionali. E quindi in un quadro più ampio ha spiegato che il problema va affrontato “sotto il profilo dell’antitrust, della fiscalità e della tutela dei dati che vengono raccolti”.

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