La violenza in rete è un tema di sconcertante attualità che non trova un punto fermo dal quale ripartire per invertire le tendenze negative. Il Senato Usa ha organizzato una serie di audizioni per cercare di trovare soluzioni o almeno indicazioni sulle vie da seguire contro l’hate speech. I primi a essere convocati sono anche i soggetti del mondo delle grandi aziende del tech americano più vicini al problema per responsabilità.
Il 18 settembre la Commissione commercio del Senato Usa ha una audizione in cui interverranno Google, Facebook e Twitter. L’obiettivo è cercare di capire come fare a rimuovere i contenuti violenti dalle piattaforme online. Ma soprattutto come trovare una soluzione più strutturale.
L’audizione segue le crescenti preoccupazioni da parte del Congresso Usa che l’utilizzo dei social media da parte di persone che hanno compiuto alcune delle stragi più efferate negli ultimi tempi e altri atti di violenza non sia soltanto un fenomeno di correlazione ma che ci sia anche un nesso causale ben determinato. La scorsa settimana il proprietario di 8cham, una bacheca online collegata a molti delle più recenti sparatorie di massa, ha fatto la sua deposizione davanti alla commissione.
Questa nuova audizione, ha spiegato un portavoce della commissione, “esaminerà la proliferazione dell’estremismo online ed esplorerà l’efficacia degli sforzi da parte del settore per rimuovere i contenuti violenti dalle piattaforma online. I testimoni discuteranno in quale modo le aziende tecnologiche stiano lavorando con le forze dell’ordine quando una violenza o un contenuto violento viene identificato, e il processo per rimuoverlo”.
A testimoniare davanti alla commissione saranno Monika Bickert, a capo della gestione delle politiche global di Facebook, Nick Pickles che dirige le politiche pubbliche di Twitter e infine Derek Slater, direttore generale delle policy sulle informazioni di Google.
A maggio Facebook aveva annunciato che avrebbe bloccato temporaneamente gli utenti che avessero infranto le regole riguardo alla trasmissione di video live. Questa decisione era la conseguenza dell’ondata di indignazione planetaria dopo che in Nuova Zelanda il killer di 51 persone aveva potuto fare lo streaming live del suo attacco sulla sua pagina Facebook.
Facebook aveva dichiarato che avrebbe introdotto una politica del “singolo fallo” per Facebook Live, il servizio cioè che consente di trasmettere direttamente un video live. Chiunque inoltre violasse altre policy di Facebook in qualsiasi altra area del social media avrebbero visto il loro account per fare video live momentaneamente bloccato.
Facebook è già nel mirino non solo delle indagini ma anche di gruppi di opinione estremamente critici per problemi di contenuti con parti che incitavano all’odio, problemi di privacy e per la sua posizione dominante nel mercato dei social media. L’azienda sostiene che da tempo sta cercando di trovare delle soluzioni a queste problematiche.