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Maxi-multa a Google, ecco com’è andata davvero. E non è finita qui

La sanzione da 2,42 miliardi inflitta al search engine è la più alta mai comminata a una singola impresa. Ma non è la prima volta che la DG Concorrenza fissa multe esemplari nei confronti delle aziende responsabili di violazioni delle norme antitrust nel settore IT e dei mercati immateriali. L’analisi di Roberto A. Jacchia (studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani)

Pubblicato il 04 Lug 2017

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Il 27 giugno 2017 la Commissione europea ha adottato una decisione storica, imponendo a Google una sanzione record di 2,4 miliardi di euro per violazione delle norme antitrust europee.

Le indagini erano state avviate dalla Direzione Generale della Concorrenza nel 2010, per sospetto abuso di posizione dominante da parte di Google in merito ai servizi di acquisto comparativo, cioè quei servizi che permettono di confrontare online prodotti e prezzi disponibili su differenti siti, ad esempio quello del produttore e quelli delle piattaforme come Amazon o Ebay.

Google fornisce questo tipo di servizio fin dal 2004, quando sul mercato erano già presenti altri servizi concorrenti, allora di maggior successo. Dalle indagini svolte risulta che per promuovere il suo servizio, anziché offrire miglioramenti sul piano della qualità, Google ha attribuito sistematicamente un ranking preminente nei risultati delle ricerche al proprio servizio di acquisti comparativi, “retrocedendo” i servizi concorrenti.

Google detiene una posizione dominante nel mercato delle ricerche generiche online in tutti i Paesi dello Spazio Economico Europeo (SEE). Sebbene ricoprire una posizione dominante non sia di per sé illegale, la normativa antitrust non consente l’abuso di tale posizione per restringere o falsare la concorrenza. La Commissione, dunque, contesta a Google di aver sfruttato la sua posizione dominante nel mercato delle ricerche generiche per promuovere il suo servizio di acquisti comparativi in danno dei concorrenti.

L’abuso è iniziato in ciascuno Stato Membro a partire da quando Google ha dato preminenza ai risultati relativi al suo servizio, vale a dire, dal 2008 in Germania e nel Regno Unito, dal 2010 in Francia, dal 2011 in Italia, Olanda e Spagna e dal 2013 in Austria, Belgio, Danimarca, Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca e Svezia. Questo comportamento, oltre ad aumentare significativamente il traffico di utenti verso il servizio di acquisti comparativi di Google, ha comportato una drastica diminuzione del traffico verso i siti concorrenti nei Paesi monitorati.

Sulla base delle prove raccolte, la Commissione europea ha ritenuto accertata la violazione dell’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e ha adottato una decisione con la quale intima a Google di cessare il comportamento entro 90 giorni, di astenersi da comportamenti equivalenti e di rispettare il principio della parità di trattamento tra gli altri servizi di acquisti comparativi concorrenti e il proprio.

La Commissione ha anche inflitto a Google una sanzione di 2,42 miliardi di euro, calcolata sulla base degli orientamenti per il calcolo delle ammende del 2006 e a quanto disposto dall’articolo 23 del Regolamento (CE) n. 1/2003. La cifra sulla quale si basa la sanzione è l’ammontare dei ricavi di Google relativi al servizio di acquisti comparativi. L’importo di base della sanzione è legato a una proporzione del valore dei ricavi, determinata in funzione della gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni della sua durata, sino ad un livello teorico pari al 30% dei ricavi. Vari fattori consentono alla Commissione di quantificare la sanzione tra i livelli minimi e massimi previsti e di prendere in considerazione circostanze aggravanti e attenuanti per aumentarne o diminuirne ulteriormente l’importo base. In ogni caso, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

La sanzione inflitta a Google è la più alta mai comminata a una singola impresa, ma non è la prima volta che la DG Concorrenza fissa sanzioni esemplari nei confronti delle imprese responsabili di violazioni delle norme antitrust nel settore IT e dei mercati immateriali. Sono noti il caso Intel del 2009, quando la Commissione inflisse all’impresa una sanzione di 1,06 miliardi di euro per aver abusato della propria posizione dominante nel settore dei processori per computer, e le molteplici sanzioni inflitte a Microsoft per i suoi abusi della posizione dominante detenuta nel mercato dei sistemi operativi (497 milioni di euro nel 2004, 899 milioni di euro nel 2007 e 561 milioni di euro nel 2013).

Google, che ha reso nota la volontà di impugnare la decisione della Commissione, rischia anche una penalità di mora fino al 5% del fatturato medio giornaliero mondiale nel caso in cui non la rispettasse. Ancor più significativamente, rischia di essere chiamata in giudizio da milioni e milioni di cittadini e imprese per il risarcimento dei danni derivanti dal suo comportamento illecito, consistente nell’aver ridotto le loro scelte di acquisto comparativo, limitandole di fatto a quelle offerte dal proprio servizio.

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